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5 curiosità su Bryan Adams

Auguri, Bryan Adams! La star canadese ieri ha spento 61 candeline sulla sua torta di compleanno. E noi di Smells Like Queen Spirit, che lo amiamo, abbiamo deciso di dedicargli l’articolo di oggi mettendo insieme queste 5 curiosità su di lui. Se anche voi siete fan di brani come Heaven, Summer of ’69, ed (Everything I Do) I Do it For You, mettetevi comodi e scopritele tutte!

1) Bryan Adams è vegano da oltre 30 anni

Come Joaquin Phoenix, Mayim Bialik (la Amy Farrah Fowler in ‘The Big Bang Theory’) e Pamela Anderson, anche Bryan Adams è un fermo sostenitore dello stile di vita vegano. I fan che imitano la sua politica attribuiscono il suo bell’aspetto giovane proprio alle sue scelte alimentari. Cerca di sensibilizzare quante più persone possibili sul tema, tanto che lo scorso dicembre ha intrapreso un viaggio in giro per il mondo, proprio per diffondere il suo messaggio ed invitare il pubblico ad abbracciare il veganesimo.

2) Click!

Bryan non è solo un grande artista musicale. In questi anni la sua fama si è affermata anche in quanto stimato fotografo. In questa carriera parallela alla musica, ha ritratto diversi nomi piuttosto importanti dietro il suo obiettivo: la supermodella Naomi Campell, la celebre Jennifer Aniston e, indovinate un po’, persino Sua Maestà Elisabetta II! Pazzesco, vero?

3) Cinema? Sì, grazie, ma solo se è di un certo spessore!

Ebbene sì, oltre ad essere un fotografo ed un musicista, Bryan Adams è anche un attore. Infatti, ha preso parte a ben due diverse pellicole: Pink Cadillac, film del 1989 di Buddy Van Horn, in cui Bryan ha recitato al fianco di Clint Eastwood, e, anche se per brevi apparizioni, Jim Carrey; e House of Fools, film russo del 2002 di Andrei Konchalovsky sulla condizione psichiatrica di pazienti e soldati durante la guerra di Cecenia.

4) Ordine del Canada

È un membro dell’Ordine del Canada, fondato dalla Regina Elisabetta II nel 1967. Diventarne membro equivale ad ottenere la più alta onorificenza concessa dallo Stato dello sciroppo d’acero e degli inverni pungenti. Come si ottiene l’accesso all’ordine? Essendo personaggi canadesi distinti e particolarmente in vista.

5) Bryan Adams Foundation

Nel 2006, l’artista poliedrico ha fondato la Bryan Adams Foundation, qui trovate il sito ufficiale: The Bryan Adams Foundation. Quest’associazione è nata promuovere l’istruzione infantile e giovanile in tutto il mondo, e, in generale, per sostenere con aiuti economici le fasce più deboli della popolazione mondiale, e migliorare le loro condizioni di vita.

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Nina

Questo mese abbiamo deciso di dedicare Discovery Woman, la nostra rubrica sulle donne che hanno rivoluzionato il mondo attraverso la loro musica, a Nina Simone, una donna che ha utilizzato tutte le sue energie per gridare al mondo che equità significa giustizia. Black lives matter.

Eunice Kathleen Waymon nasce a Tryon, nella Carolina del nord. La bambina è la sesta di otto fratelli afroamericani. La passione per la musica è il motore che muove i suoi primi passi, e quelli delle sorelline. Le bambine ben presto iniziano a cantare in chiesa ogni settimana, si fanno chiamare Waymon Sisters.

Eunice cresce, il suo talento è sempre più evidente. Così, inizia a prendere lezioni di piano. Lezioni che vengono finanziate dalla comunità nera di Tryon, che la sosterrà economicamente anche in un secondo momento, e cioè quando il talento di Nina la condurrà a New York per completare la sua formazione musicale. Suona nei locali, canta mentre si accompagna al pianoforte, ispirandosi alle atmosfere già cantate da Billie Holiday. A New York conosce il jazz, e se ne innamora. A New York nascerà un’artista immortale, il giorno in cui Eunice Kathleen Waymon deciderà di cambiare il suo nome in quello che verrà scolpito nella pietra incrollabile del tempo. Nina Simone.

Perché, Simone? Perché Eunice era una ragazza piena di passione, brillante, acculturata, e decise di crearsi un nome d’arte omaggiando Simone Signoret, attrice e scrittrice francese, che amava alla follia. 

Nel 1958 debutta con il suo primo album, Little Girl Blue, la sua fama cresce. Nel 1960, la voce di Nina Simone è arrivata oltreoceano. I suoi singoli sono dei successi incontrastati nel Regno Unito e non solo: anche in Belgio e Paesi Bassi, Stati non anglofoni, le classifiche vengono dominate da questa ragazza nera di Tryon.

Ma mentre la sua carriera musicale decolla, c’è qualcosa che scatta dentro di lei. Era una bravissima pianista classica. Perché non è riuscita a fare successo come tale?

Il motivo recondito è nello specchio, e adesso diventa visibile più che mai.

Nina Simone è una ragazza americana che sognava di diventare una concertista classica. Ma essere una ragazza americana nera è sigillo di una regola scontata, una regola imprescindibile, una regola per cui il colore della tua pelle arriverà sempre prima di te e in qualche modo ti pregiudicherà.

E Nina se ne accorge. Se ne accorge per il sangue che, ancora negli anni ’60, viene versato, per gli afroamericani che vengono uccisi, per il suo sogno non realizzato appieno. La decisione è inevitabile: la sua musica parlerà per chi non può farlo e domanderà giustizia per un’equità che non c’è.

I testi da lei scritti sono espliciti, invitano alla rappresaglia anti-razzista. In Mississippi Goddamm denuncia il quadruplice omicidio di ragazze morte in un attentato a sfondo razziale. Old Jim Crow esprime tutta la crudeltà di un sistema vivo e vegeto che si millanta superato e che invece si strascicherà ancora per molti anni. L’impegno di Nina Simone diventa il suo obiettivo principale. Si avvicina alle posizioni di Malcolm X, del Black Power. Stringe un’amicizia proficua con l’attivista e drammaturga nera Lorraine Hansberry, scrittrice del romanzo A Raisin in the Sun, romanzo in cui si racconta battaglia legale della famiglia della scrittrice combattuta aspramente contro le leggi di segregazione razziale, a Chicago.

Persona dalla vastissima cultura, Nina Simone decide di reinterpretare anche voci del teatro. Attraverso Pirate Jenny, da L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht, infatti, Nina dipingerà la protagonista del racconto come una donna che incita alla rivolta contro il sistema razzista.

Constatato lo scarso interesse delle forze speciali americane, FBI e CIA, nel risolvere le problematiche relative alle sperequazioni razziste, Nina decide di lasciare gli Stati Uniti, anche se questo abbandono comporta anche un allontanamento dalle scene per qualche tempo. Vivrà alle Barbados prima, e poi in Liberia, Egitto, Turchia, e persino in Europa. Vivrà infatti anche nei Paesi Bassi e in Svizzera.

Torna a farsi sentire per un breve periodo di tempo, e nel 1978 pubblica l’album Baltimore, con un omaggio ad un brano di Randy Newman, musicista noto per i suoi testi satirici e graffianti, oltre che per le sue colonne sonore (è infatti l’autore della nota colonna sonora che anima la saga disneyana Toy Story –Sì, sto proprio parlando di Hai un amico in me!). Si ritira a vita privata nuovamente fino a quando Chanel, negli anni ’80, utilizza un suo brano come sottofondo per uno spot: My Baby Just Cares For Me. La traccia era ormai vecchia di trent’anni, ma rispolverarla si dimostra una mossa vincente: ecco che Nina Simone ritorna in testa e senza troppo sforzo in cima alle classifiche europee di Gran Bretagna, Paesi Bassi, Svizzera, Austria e Francia. I suoi dischi sono richiesti e ristampati a migliaia.

Nina allora decide di riprende a fare musica, e il nuovo album viene celebrato con un’ode al suo ritorno Nina’s Back, che viene rilasciato nel 1989, seguito quasi immediatamente da Live&Kickin, album di musica dal vivo registrato a San Francisco.

Durante la sua incredibile vita, si è sposata due volte, ha avuto una figlia. È stata vittima di discriminazioni, abusi, ha perso il suo compagno nel 1980, C.C. Dennis, ammazzato da un criminale.

È morta a Carry-le-Rouet, in Francia, nel 2003. L’ha portata via un tumore al seno, dopo una lunga ed estenuante lotta. L’ennesima della sua vita.

Il suo ultimo desiderio era farsi cremare, perché le sue ceneri potessero essere sparse in Africa. La terra da cui i suoi antenati furono strappati, per essere condotti altrove, dove sarebbero stati schiavi, e da schiavi sarebbero passati ad indesiderati, emarginati, segregati.

Nina Simone trascorse tutta la sua vita battendosi perché la giustizia trionfasse. Purtroppo è morta prima che il suo sogno, quello di Martin Luther King, quello di tutti gli altri attivisti neri che combatterono al suo fianco, fosse realizzato.

Il nostro dovere, in quanto amanti della musica, in quanto amanti dell’arte, del bello, è perseguire e combattere ancora per quel sogno, che è il sogno di tutti. Senza giustizia, non c’è libertà.

Le vite dei neri contano. Contavano allora e contano adesso.

E Nina Simone, questo, lo sapeva molto bene.

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