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Nina

Questo mese abbiamo deciso di dedicare Discovery Woman, la nostra rubrica sulle donne che hanno rivoluzionato il mondo attraverso la loro musica, a Nina Simone, una donna che ha utilizzato tutte le sue energie per gridare al mondo che equità significa giustizia. Black lives matter.

Eunice Kathleen Waymon nasce a Tryon, nella Carolina del nord. La bambina è la sesta di otto fratelli afroamericani. La passione per la musica è il motore che muove i suoi primi passi, e quelli delle sorelline. Le bambine ben presto iniziano a cantare in chiesa ogni settimana, si fanno chiamare Waymon Sisters.

Eunice cresce, il suo talento è sempre più evidente. Così, inizia a prendere lezioni di piano. Lezioni che vengono finanziate dalla comunità nera di Tryon, che la sosterrà economicamente anche in un secondo momento, e cioè quando il talento di Nina la condurrà a New York per completare la sua formazione musicale. Suona nei locali, canta mentre si accompagna al pianoforte, ispirandosi alle atmosfere già cantate da Billie Holiday. A New York conosce il jazz, e se ne innamora. A New York nascerà un’artista immortale, il giorno in cui Eunice Kathleen Waymon deciderà di cambiare il suo nome in quello che verrà scolpito nella pietra incrollabile del tempo. Nina Simone.

Perché, Simone? Perché Eunice era una ragazza piena di passione, brillante, acculturata, e decise di crearsi un nome d’arte omaggiando Simone Signoret, attrice e scrittrice francese, che amava alla follia. 

Nel 1958 debutta con il suo primo album, Little Girl Blue, la sua fama cresce. Nel 1960, la voce di Nina Simone è arrivata oltreoceano. I suoi singoli sono dei successi incontrastati nel Regno Unito e non solo: anche in Belgio e Paesi Bassi, Stati non anglofoni, le classifiche vengono dominate da questa ragazza nera di Tryon.

Ma mentre la sua carriera musicale decolla, c’è qualcosa che scatta dentro di lei. Era una bravissima pianista classica. Perché non è riuscita a fare successo come tale?

Il motivo recondito è nello specchio, e adesso diventa visibile più che mai.

Nina Simone è una ragazza americana che sognava di diventare una concertista classica. Ma essere una ragazza americana nera è sigillo di una regola scontata, una regola imprescindibile, una regola per cui il colore della tua pelle arriverà sempre prima di te e in qualche modo ti pregiudicherà.

E Nina se ne accorge. Se ne accorge per il sangue che, ancora negli anni ’60, viene versato, per gli afroamericani che vengono uccisi, per il suo sogno non realizzato appieno. La decisione è inevitabile: la sua musica parlerà per chi non può farlo e domanderà giustizia per un’equità che non c’è.

I testi da lei scritti sono espliciti, invitano alla rappresaglia anti-razzista. In Mississippi Goddamm denuncia il quadruplice omicidio di ragazze morte in un attentato a sfondo razziale. Old Jim Crow esprime tutta la crudeltà di un sistema vivo e vegeto che si millanta superato e che invece si strascicherà ancora per molti anni. L’impegno di Nina Simone diventa il suo obiettivo principale. Si avvicina alle posizioni di Malcolm X, del Black Power. Stringe un’amicizia proficua con l’attivista e drammaturga nera Lorraine Hansberry, scrittrice del romanzo A Raisin in the Sun, romanzo in cui si racconta battaglia legale della famiglia della scrittrice combattuta aspramente contro le leggi di segregazione razziale, a Chicago.

Persona dalla vastissima cultura, Nina Simone decide di reinterpretare anche voci del teatro. Attraverso Pirate Jenny, da L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht, infatti, Nina dipingerà la protagonista del racconto come una donna che incita alla rivolta contro il sistema razzista.

Constatato lo scarso interesse delle forze speciali americane, FBI e CIA, nel risolvere le problematiche relative alle sperequazioni razziste, Nina decide di lasciare gli Stati Uniti, anche se questo abbandono comporta anche un allontanamento dalle scene per qualche tempo. Vivrà alle Barbados prima, e poi in Liberia, Egitto, Turchia, e persino in Europa. Vivrà infatti anche nei Paesi Bassi e in Svizzera.

Torna a farsi sentire per un breve periodo di tempo, e nel 1978 pubblica l’album Baltimore, con un omaggio ad un brano di Randy Newman, musicista noto per i suoi testi satirici e graffianti, oltre che per le sue colonne sonore (è infatti l’autore della nota colonna sonora che anima la saga disneyana Toy Story –Sì, sto proprio parlando di Hai un amico in me!). Si ritira a vita privata nuovamente fino a quando Chanel, negli anni ’80, utilizza un suo brano come sottofondo per uno spot: My Baby Just Cares For Me. La traccia era ormai vecchia di trent’anni, ma rispolverarla si dimostra una mossa vincente: ecco che Nina Simone ritorna in testa e senza troppo sforzo in cima alle classifiche europee di Gran Bretagna, Paesi Bassi, Svizzera, Austria e Francia. I suoi dischi sono richiesti e ristampati a migliaia.

Nina allora decide di riprende a fare musica, e il nuovo album viene celebrato con un’ode al suo ritorno Nina’s Back, che viene rilasciato nel 1989, seguito quasi immediatamente da Live&Kickin, album di musica dal vivo registrato a San Francisco.

Durante la sua incredibile vita, si è sposata due volte, ha avuto una figlia. È stata vittima di discriminazioni, abusi, ha perso il suo compagno nel 1980, C.C. Dennis, ammazzato da un criminale.

È morta a Carry-le-Rouet, in Francia, nel 2003. L’ha portata via un tumore al seno, dopo una lunga ed estenuante lotta. L’ennesima della sua vita.

Il suo ultimo desiderio era farsi cremare, perché le sue ceneri potessero essere sparse in Africa. La terra da cui i suoi antenati furono strappati, per essere condotti altrove, dove sarebbero stati schiavi, e da schiavi sarebbero passati ad indesiderati, emarginati, segregati.

Nina Simone trascorse tutta la sua vita battendosi perché la giustizia trionfasse. Purtroppo è morta prima che il suo sogno, quello di Martin Luther King, quello di tutti gli altri attivisti neri che combatterono al suo fianco, fosse realizzato.

Il nostro dovere, in quanto amanti della musica, in quanto amanti dell’arte, del bello, è perseguire e combattere ancora per quel sogno, che è il sogno di tutti. Senza giustizia, non c’è libertà.

Le vite dei neri contano. Contavano allora e contano adesso.

E Nina Simone, questo, lo sapeva molto bene.

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I 5+1 documentari Netflix che dovresti assolutamente guardare (+English Version below)

Dal catalogo di Netflix abbiamo selezionato alcuni documentari che vale la pena guardare, per conoscere meglio alcuni tra gli artisti che, con la loro musica, hanno ispirato e continuano a ispirare

What Happened, Miss Simone? (2015) – La storia della tormentata Nina Simone, pianista, cantante ma soprattutto femminista e attivista per i diritti civili negli Stati Uniti. Attraverso le interviste con la figlia e gli amici di Nina, questo documentario mette in evidenza le luci e le ombre di una donna che non si è mai data per vinta, lottando strenuamente contro le ingiustizie e la segregazione razziale. Anche a costo di rimanere completamente sola.

How the Beatles Changed the World (2017) – Tom O’Dell ripercorre la storia dei Beatles, dalle origini fino allo scioglimento della band. Appena inizierete a guardarlo, non smetterete più di cantare. Un affascinante viaggio attraverso interviste e filmati di archivio che mostrano come i Beatles hanno rivoluzionato la musica e i costumi dagli anni 60 in poi.

27: Gone Too Soon (2018) Chi non ha mai sentito parlare del “Club 27” deve assolutamente guardare questo film, dedicato a sei grandi stelle della musica: Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Winehouse, tutti scomparsi a 27 anni a causa dell’abuso di alcol e droghe. E a proposito di Janis Joplin, vi segnaliamo anche il documentario sulla sua vita: Janis, Little Girl Blue (2015) ripercorre l’infanzia e l’adolescenza della ragazza di Port Arthur. Attraverso rare interviste e materiale d’archivio vengono alla luce la fragilità e la forza di quella che è stata sicuramente la prima donna rocker della storia della musica mondiale. Imperdibile.

Gaga: Five Foot Two (2017) – Se siete tra coloro che hanno bisogno di ispirazione continua, questo è quello che fa per voi. Lady Gaga svela se stessa attraverso un racconto intimo, tra problemi fisici ed emotivi e impegni musicali, come la preparazione dello show di intervallo del Super Bowl.

Whitney: Can I Be me (2016) – Cosa sarebbe stata la musica pop senza la voce di Whitney Houston? Il regista Nick Broomfield ripercorre la vita dell’ amatissima stella del pop attraverso il racconto di amici, parenti e della stessa Whitney: dagli esordi nel coro gospel parrocchiale alla battaglia contro la dipendenza, fino alla sua sconcertante morte, avvenuta nel 2012.

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The 5+1 Netflix documentaries that you should watch

What Happened, Miss Simone? (2015) – Nina Simone’s story: pianist, singer but, above all, feminist and civil rights activist in the United States. Through interviews with Nina’s daughter and her friends, this documentary shows the lights and the shadows of a woman who has never given up, fighting against injustice and racial segregation. Even at the cost of being completely alone.

How the Beatles Changed the World (2017) – Tom O’Dell traces the Beatles’ story, from the origins to the end. As soon as you start watching, you immediately start singing. A fascinating journey through interviews and archive footage that shows how the Beatles changed music and customs from the 60s onwards.

27: Gone Too Soon (2018) If you’re somebody who has never heard of “Club 27” you should watch this movie about six great music stars: Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Winehouse, all of whom disappeared at age 27 due to alcohol and drug abuse. And speaking about Janis Joplin, we also point out the documentary about her life: Janis, Little Girl Blue (2015) traces the childhood and the adolescence of the girl from Port Arthur. Through rare interviews and archival material we can perceive the fragility and the strength of a woman who has certainly been the first female rocker in the world. Unmissable!

Gaga: Five Foot Two (2017) – If you are among those who need continuous inspirations, this movie is for you. Lady Gaga reveals herself through an intimate story, among physical and emotional problems and musical commitments, such as the preparation of the Super Bowl interval show.

Whitney: Can I Be me (2016) – What would Pop Music have been, without Whithney’s voice? The director Nick Broomfield traces the life of the beloved Popstar, through the stories of friends, relatives and Whitney herself: from the beginning in the Gospel Choir to the battle against drugs abuse, until her death, in 2012.

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