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Liberato II – Tra sirene, tradizione e innovazione

Che Liberato sia uno dei miei artisti preferiti non è certo un segreto. Ma bisogna proprio ammetterlo: questa volta, il progetto ha superato ogni aspettativa. Ve ne parlo oggi, in questo articolo che apre la programmazione 2022 di Smells Like Queen Spirit.

9 maggio 2022. 23 ore senza notizie. Tutti i fan di Liberato aspettano col fiato sospeso di ricevere quella notifica che però, purtroppo, tarda ad arrivare. Poi, proprio prima che la sua giornata nazionale sia terminata, ecco che un piccolo gioiello viene rilasciato sulle piattaforme.

Come sempre, il progetto è curato in ogni suo minimo aspetto. Non c’è neppure una virgola lasciata al caso: la gamma di colori presa dalla più tradizionale arte napoletana, tra il rosa antico barocco caro ai Borbone e le infinite sfumature d’azzurro che richiamano tutte le nuances del mare e del cielo dall’alba al tramonto. Questa volta, la storia raccontata fa un salto temporale piuttosto importante: lontani dalla contemporaneità di Liberato I (clicca qui per vedere e ascoltare il primo album: Liberato I)  , e anche dal mondo del dopoguerra che ci ha fatto innamorare di Marie e Carmine (clicca qui per vedere e ascoltare Capri Rendez-vous) , Liberato II ci spedisce a corte. Sfarzo e reali, Napoli nel cuore dei suoi antichi fasti. Danze e lusso sfrenato, abiti settecenteschi. Protagonista è la sirena Partenope, arriva a corte e il re, interpretato da Giacomo Rizzo, s’invaghisce di lei, ma quella lussuria si tramuterà nella sua condanna. Eros e Thanatos si uniscono e regalano anche a questo piccolo capolavoro di Francesco Lettieri un’aura di sacralità. Nei videoclip c’è molta staticità, ma la scelta artistica paga. C’è una malinconia commovente nell’onda che sfiora l’anello inerme, una sensualità tutta peculiare nella scena dei due amanti sullo scalone quasi immobili per tutta la durata di Nun Ce Penzà, sottolineata ironicamente dal testo: nun putimme fa chestə forever.

Liberato II offre 7 tracce: Partenope, Nun Ce Penzà, Nunneover, Anna, Guagliuncella Napulitana, Cicerenella, ‘Na storia e ‘na sera. Guardiamole in ordine, e seguiamo la storia che ci racconta Liberato – tra video e musica:

Partenope (5:21): Botta e risposta del ritmo, che viene esaltato dalla scena. Partenope si presenta ad un ballo, tutti gli occhi s’incollano sulla sua figura esile, dominata dal bianco e dal nero, il suo sguardo è sofferente, le parole cantate ci raccontano un primo amore folle, fortissimo, adolescenziale, e dal gusto malinconico. Lussuria e brama attraversano tutta la durata del cortometraggio: il re deve avere Partenope. Ma non ha fatto i conti con l’urlo della sirena. Letale. Partenope ritorna libera, nel mare, dopo aver sottratto alla corte un anello.

Nun Ce Penzà (4:28): L’amore folle cantato in Partenope – e stavolta il brano è molto lontano dal personaggio – pare finito. Non è colpa di nessuno, doveva andare così. Brano molto fatalista a parole, la composizione invece si proietta nelle sonorità più innovative in pieno stile Daft Punk. Basso e batteria elettronica, per dirla alla Liberato, nun trovano pace, nell’accezione più groovy che questa frase può avere.

Nunneover (3:27): L’intero videoclip è dedicato all’anello di Partenope, abbandonato in un’insenatura. Verso la fine del brano, però, un’onda torna a riprendersi ciò che appartiene al mare. Forse presagio di ciò che succede nella canzone: Nunneover è un canto disperato alla fine di una relazione. Si fa quasi la conta delle colpe, si gioca a chi soffre di più. La separazione però diventa inevitabile, e in Anna, il brano successivo, scopriremo qualcosa di più.

Anna (3:28): Protagoniste del video sono delle ragazze che si dedicano alla danza. Tutto qua. Il video è molto semplice: sala del palazzo reale, giovani cortigiane ben vestite, un cerchio, una signora che le osserva e forse le giudica. Ma Anna, il brano, continua la storia di Nunneover. Lui è andato via, dall’altra parte del mondo, ma ha saputo che lei sta per sposarsi. Corre a dirle che nonostante tutto, nonostante la loro relazione turbolenta, lui continua ad amarla. Ma Anna non vuole sentire ragioni. Per lei, la storia è finita. E a dire la verità, io sono dalla parte di lei: lui chiede perdono, ma è arrivato a questa conclusione solo alla fine di tutto. Ammirevoli le venti ore di volo, ma qui non c’è spazio per Red Flag deambulanti. Brava, Anna! Scherzi a parte, questo è forse il mio brano preferito dell’intero album (il primo posto è combattuto con Nunneover). La dolcezza della melodia contrasta con il pathos della voce, pieno di pentimento e forse consapevolezza del “troppo, troppo tardi” che non cambierà il corso delle cose: Anna, la Guagliuncella Napulitana, si sposerà comunque.

Guagliuncella Napulitana (3:12): Le interpretazioni possono variare, ma io credo che qui ci sia stato un vero e proprio fattaccio: Anna, a quanto pare, ha ceduto, e i due hanno passato una notte di passione – alternativa, lui ha sognato tutto e in realtà non è successo proprio niente!

Comunque sia andata, il giorno dopo vuole, lei vuole sposarsi comunque, e lui si sente tradito, non vuole che la giornata finisca, che quel momento rubato abbia fine: è tutto quello che resta.

Anche in questo caso abbiamo un video statico: Liberato, in abiti settecenteschi, secondo le parole di Lettieri, vestito da Cimarosa, su uno scoglio, suona e canta in mezzo al mare. Fotografia spettacolare.

Cicerenella (5:22): Questo brano farà felicissimi gli amanti della canzone tradizionale napoletana. Rifacimento di un classico firmato da ignoti e datato XVIII secolo, già interpretato dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, Cicerenella è una canzone “scostumata”, piena di attributi fisici, sensualità, tradizione. Liberato riadatta questo brano per corde tutte contemporanee. Colpo di genio: il videoclip. C’è infatti una scena di marionette, con protagonista Pulcinella. Le maschere della Commedia dell’Arte coi loro caratteri caricaturali riprodotte in bambolotti di pezza pieni di personalità. Vedremo un piccolo percorso dell’eroe tutto particolare: prima il nostro Pulcinella insieme alla sua Cicerenella si concederà dei momenti di tenerezza, ma poi verrà ostacolato da un mostro peloso, forse un lupo, o forse un orso, e ingaggerà una lotta che a quanto pare lo vede in svantaggio, riuscirà a salvarsi dal mostro, ma troverà un nuovo nemico (che sia un alter-ego del fidanzato di Anna?), con cui inizieranno a prendersi a bastonate. Pulcinella ha la meglio, ma è sfinito. A questo punto, fa il suo ingresso in scena la Morte, che inizia a corteggiare un Pulcinella esausto, ma essendo troppo attaccato alla vita deciderà di combattere ancora, fino all’ultimo respiro. Vince la Morte. E a questo punto può tornare al punto di partenza: Cicerenella è lì, che lo aspetta, e può ricongiungersi a lei.

‘Na storia e ‘na sera (3:40): Il video di chiusura ha come protagonisti degli uccellini in gabbia. Per quanto riguarda la storia, invece, abbiamo un enorme punto interrogativo! Anna si sarà sposata oppure avrà rinunciato al suo matrimonio per tornare con lui? Sappiamo di certo che però, lui ha passato una serata in pieno stile Paura e Delirio a Las Vegas, dove racconta di una notte all’insegna dell’ebbrezza e dei paradisi artificiali, una notte fuori dall’ordinario.

Il progetto di Liberato è un modo completamente nuovo di ripassare i simboli della tradizione napoletana. E come già detto nell’articolo di due anni fa (Qui), Liberato ha onorato il suo nome e Liberato la città di Napoli da questi stereotipi e da quelle macchiette che personalmente trovo insopportabili. Napoli è molto di più di quel luogo comune trito e ritrito del sole e del mare. Napoli è storia, è verità, è vita, e disperazione. È leggenda che non muore mai. E per averlo ricordato al mondo intero, non possiamo che dire grazie, Liberato. Grazie come sempre.

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Napoli Liberata

9 maggio. Un motivetto fischiettato si è legato inscindibilmente a questa data, ed in qualche modo l’ha resa simbolo di una celebrazione di Napoli, che in quelle poche note ha recuperato la dignità di essere. Per questo, oggi, abbiamo deciso di dedicare un articolo a Liberato, l’anonimo cantante in felpa scura che sta spopolando sul web da ormai tre anni.

Una rosa bianca su sfondo nero. Si firma così, e nessuno ne conosce il volto.

Liberato compare per la prima volta il 14 febbraio del 2017. Cattura l’attenzione di una fascia di ascoltatori, e nel corso di quello stesso anno, mentre i suoi pezzi a poco a poco acquistano una popolarità sempre maggiore, il volto di questo giovane cantante resta un mistero.

Speculazioni sulla sua identità non tardano ad ammassarsi, le correnti di pensiero si spaccano tra loro, alimentate dalla confusione e da abili giochi probabilmente ideati dal management dell’artista: sarà Calcutta? Livio Cori? Esiste davvero Liberato?

Passano i mesi, nessuno lo scopre. Iniziano le esibizioni dal vivo, e durante tutti i suoi concerti Liberato è accompagnato sempre da diversi sosia, che ne impediscono l’identificazione. Persino durante il suo spettacolare ingresso al primo concerto in assoluto, 9 maggio 2018 (e chi scrive, quel giorno, era presente), Liberato raggiunge il palco allestito a Napoli, sul Lungomare, tramite una barchetta, sulla quale però non viaggia da solo: insieme a lui, infatti, ci sono altri cinque “Liberato”, rigorosamente in felpa e a viso coperto.

In un’unica intervista, concessa a Rolling Stones tramite e-mail viene confermato il suo nome e la città natale, Napoli. Tutto qui. L’anonimato viene conservato con aura sacralità.

Ed anche noi di Smells Like Queen Spirit rispetteremo questa sacralità.

Oggi, infatti, non discuteremo del giallo che a tutti i costi mira a smascherare il volto nascosto sotto il cappuccio dell’ormai iconica felpa scura, no. Oggi parleremo del motivo per cui Liberato è essenziale per la rivalutazione di Napoli e della Campania, per la visione sia intrinseca che estrinseca di questa regione.

La storia di Napoli, di glorie storiche passate, di esoterismo e poesia, perde rovinosamente gli splendori antichi a partire dall”800. In seguito all’Unità d’Italia, quelle pagine di fasti si arricchiranno di rovinosi dissesti, organizzazioni e gestioni disastrose, così come un po’ dovunque in tutto il Sud del nostro Paese.

Nell’immaginario comune, Napoli è troppo spesso legata a preconcetti e pregiudizi. C’è crimine, immondizia, c’è paura, povertà. C’è sole, mare, pizza, cuore. Gente retrograda, pigra.

Macchiette che si appiccicano alla nostra provenienza, che delegittimano il diritto di essere individui con le proprie peculiarità.

Certo, purtroppo, queste considerazioni sono radicate un po’ dovunque, sia fuori dai confini campani che al proprio interno.  

Ma perché ne parliamo su un magazine musicale? In che modo Liberato e la sua musica elettronica indie-pop e catchy si legano a questo discorso?

Perché Liberato e la sua musica elettronica indie-pop e catchy hanno restituito a Napoli il rango di città reale. Come?

Testi che recuperano letterature passate e presenti, e che a tratti ricordano le ambientazioni all’interno delle Leggende Napoletane raccolte da Matilde Serao, che raccontano storie magistralmente portate alla vita dai video-clip eccezionali diretti da Francesco Lettieri.

Sullo sfondo di paesaggi magnifici, i personaggi di diversa astrazione sociale ritratti, ora con crudezza, di tanto in tanto volgarità, sopra ogni cosa ostentano una disarmante normalità.

In che modo? Non ritraendo altro che banale, banalissima vita quotidiana.

La vita di chiunque. Dell’uomo comune. Che non è speciale, non è unico, è uno fra tanti.

Ed essere uno fra tanti è un enorme lusso, e a Napoli, ai “personaggi di Napoli”, brutalmente depauperati dell’essere da sé, in funzione dell’essere-in relazione allo stereotipo, questo lusso non era concesso.

Ma Liberato ha cambiato questa condizione.

Perché in quei testi, in quei video-clip, finalmente Napoli smette di essere antologia di stereotipi e riacquista la dignità di una città vera, una città in cui si vive e si ama, si odia, si sbaglia. Scevra dai dettami di chi la vorrebbe una città di assoluta povertà o assoluti sorrisi, di crimini e scippi o sole e mare, questa Napoli fischia, si rivela, mentre il suo menestrello resta a volto coperto, suggellando un’alleanza mirata alla liberazione totale da quei clichés stucchevoli e melensi che ne vedrebbero solo lati positivi o al contrario negativi.

Il potere della musica si manifesta riverberando ed imponendosi anche sull’immaginario comune. È il miracolo dell’arte, e l’arte opera attraverso vie superiori.

Con la sua musica neppure troppo elaborata, non così complessa, non così aulica, Liberato ha liberato Napoli, e noi per questo lo ringraziamo. A volto scoperto.

A nome di tutti i figli di Partenope, quelli vicini e quelli lontani.

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