Hey Joe! You better run down
Goodbye everybody, ow!
(fotografie di Vincenzo Lauro)
Avete presente quelle persone silenziose, sempre un po’ in disparte, di cui ti accorgi dell’assenza solo quando se ne sono andate?
Ecco, è successo proprio lunedì. E’ andato via un pezzo di musica e non tutti se ne sono accorti. Lo ha fatto senza troppo clamore, mentre noi distrattamente condividevamo l’ennesima fake news sui social. Lo ha fatto senza che ce ne accorgessimo, perché anche se adesso non abbiamo scuse per distrarci, il nostro interesse verte su altro.
Giuseppe “Joe” Amoruso è stato un grande della musica. Aveva da poco compiuto 60 anni, ma da qualche anno aveva problemi di salute che lo avevano costretto al ricovero in clinica. Tutti lo conoscevano semplicemente come Joe, soprannome che gli americani della base Nato di Bagnoli gli avevano assegnato quando suonava con loro. A quel tempo Joe aveva 20 anni, ma quel nome gli resterà attaccato per i successivi 40 anni, il tempo di fare la storia della musica napoletana degli ultimi decenni fino a oggi.
E’ stato il tastierista storico di Pino Daniele, in quella formazione unica che ha dato vita al Neapolitan Power. Ma non solo: avete presente Toffee di Vasco Rossi? Alle tastiere c’è proprio Joe Amoruso. Tantissime le collaborazioni nella sua proficua carriera: solo per citarne alcune, in Italia ha suonato con Andrea Bocelli, Zucchero, Ornella Vanoni e la PFM; all’ estero con Billy Cobham, Mike Stern e Gato Barbieri.
Negli anni ’70 e ’80 è stato uno degli esponenti del Neapolitan Power, insieme a Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo e James Senese. La band di Pino Daniele ha dato vita a un movimento blues che recuperava gli elementi identitari del Mezzogiorno d’Italia e della città di Napoli e li mescolava a linguaggi differenti ( ritmi e testi americanizzati). Il risultato era un ibrido che restituiva un’immagine che aveva poco a che fare con il cliché della Napoli da cartolina: il Neapolitan Power era un modo di dare voce a chi voce non aveva, come il disoccupato, l’operaio, il vedovo o il transgender. E Joe Amoruso con le sue dita è riuscito a comporre quelle note di “rabbia e rivoluzione” rimanendo in maniera indelebile nella storia della musica di un popolo che, nella storia generale, continua a vivere di rivoluzione.
Su Facebook i familiari hanno confermato la morte del musicista con un post: «Il suo grande cuore non ha retto. Dio ha deciso che il suo percorso di vita e di musica finisse qui. Ma è stata solo la prima parte, il suo viaggio continuerà sereno e le sue mani voleranno ancora più leggere sulle ali della musica. Sappiate che vi abbraccia tutti. Lo sappiamo perché lui stesso negli ultimi mesi, attraverso la sua grande sensibilità, ci aveva detto di sentire vicino il suo momento e quindi voleva ringraziare tutti quelli che gli sono stati vicino in questi mesi e che gli hanno voluto bene. Ma non ci lascerà mai completamente, ogni volta che vorremmo potremo ascoltare il suo pianoforte e lui sarà lì vicino a noi»
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