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Che fine hanno fatto #5 – Intervista a Daniele Groff

Siamo nel 1998. Un venticinquenne trentino con l’aria da bravo ragazzo e la chitarra in spalla si presenta a Sanremo Famosi, kermesse condotta da Max Pezzali con protagonisti quelli che sarebbero stati i partecipanti, nella sezione Nuove Proposte, del Festival di Sanremo 1999. Quel ragazzo si chiama Daniele Groff e quell’edizione di Sanremo Famosi la vince con un brano intitolato Daisy. Il brano unisce rock e melodia, chitarra ruvida e archi, riprendendo in maniera piuttosto evidente il genere del brit-pop, esploso proprio in quegli anni prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo. Ho avuto il piacere di fare una chiacchierata con Daniele e di ripercorrere con lui la sua carriera fatta di palchi importanti e collaborazioni straordinarie, ma anche di uscite di scena, pause e progetti ancora in corso.

Cominciamo con una domanda facile: dove sei?
Dopo tanti anni a Roma sono ritornato nel mio luogo di origine, in Trentino, dove ho trascorso la mia giovinezza e dove ho studiato. Sebbene l’offerta in termini di attività culturali sia molto meno variegata rispetto a quella della capitale, sono comunque soddisfatto della qualità della vita quassù.

Fin dall’esordio sei stato accostato al brit-pop, in particolare alla musica degli Oasis, e ascoltando la tua musica viene quasi spontaneo pensare che il tuo sia stato un vero e proprio tentativo (forse l’unico) di importare in Italia queste sonorità. Credi di essere stato inconsapevolmente influenzato dai dischi che hai ascoltato in quel periodo oppure hai consapevolmente scelto di rifarti a questo genere?
Ho cercato di importare in Italia un sound che secondo me non era ancora stato proposto ed è stato un processo molto consapevole, ma anche molto sofferto. Mi è infatti costato un bel po’ di fatica spiegare ai miei collaboratori, ai tecnici del suono e ai discografici come volevo che fossero le mie canzoni. Il genere aveva cominciato ad interessarmi già a 19 anni, complice un viaggio in Inghilterra. Cominciai ad ascoltare i Beatles e poi gli Oasis, i Blur e i Radiohead, gruppi che in Italia venivano considerati un po’ di nicchia, di certo non mainstream. Mi affascinava il mix di rock e melodia di quelle canzoni che avevano la pretesa di uscire dal ‘garage’ e di arrivare alla gente, così ho fatto mio questo genere che in Italia mancava. L’etichetta di artista brit-pop me la sono un po’ cercata, ma devo dire che il continuo accostamento ai fratelli Gallagher da parte della stampa nei confronti di un artista dall’identità ancora in ‘divenire’ è stato, a tratti, pesante.

Hai citato gli Oasis, i Blur e i Radiohead come tue fonti di ispirazione. Ci sono anche artisti italiani ai quali senti di dovere qualcosa?
Sicuramente hanno influenzato la mia scrittura le note che mi arrivavano all’orecchio da bambino, sia dalla radio in macchina che dalla chitarra di mio padre che strimpellava. Dalla, De Gregori e Battisti soprattutto, ma anche Baglioni, Celentano, Iannacci. Tutti cantautori dalle grandi personalità.

Hai calcato, ancora giovanissimo, il palco dell’Ariston. Che ricordi hai di quel periodo?
E’ stata un’esperienza forte sotto molti punti di vista. E’ un palco che mette soggezione anche ai più esperti – e io di certo non lo ero – perché sei consapevole che dietro quelle telecamere ci sono milioni di persone, c’è la gente comune, la stampa, i discografici. Per una settimana è stato come vivere in una bolla, a metà tra un sogno e un delirio, con i fan che ti aspettavano sotto l’hotel e davano vita e vere e proprie scene di isteria collettiva. I ricordi che ho di quel periodo sono bellissimi, ma anche caotici e confusi. Sono comunque molto grato di avere avuto la possibilità di prendere parte a questa grande festa della musica, sebbene credo che all’epoca non fossi pienamente consapevole di quello che stavo vivendo…

E a proposito di consapevolezza: se tu potessi dare un consiglio al Daniele dell’epoca, quale sarebbe?
Altro che ‘no regrets’, come canta Robbie Williams. Darei sicuramente più consapevolezza al ragazzo che ero, perché nella confusione che vivevo non sempre ero presente a me stesso. Cercherei di respirare un po di più e di godermi il momento, ma anche di darmi spazio e tempo di riflettere, di dire anche di no qualche volta. Qualche anno fa ho portato le mie due figlie a un incontro con Fedez e sono rimasto molto colpito dalla sua sicurezza, dal suo sapere esattamente chi era e cosa voleva. Una consapevolezza che io, alla sua età, mi sarei sognato – magari perché per indole sono più sensibile e tendo a farmi trascinare dalle cose.
Per quanto riguarda le scelte artistiche che ho fatto, una parte di me lascerebbe tutto così com’è, un’altra sarebbe curiosa di vedere ‘come sarebbe andata se’. Mi riferisco soprattutto al mio secondo album Bit, in occasione del quale decisi di ‘tradire’ il sound del primo, Variatio 22, perché stanco delle critiche che mi venivano rivolte per la vicinanza agli Oasis.

Ripensando a tutta la tua carriera, qual è la cosa della quale vai più fiero?
Sicuramente i due giorni trascorsi in studio con Lucio Dalla per la scrittura del testo di Lory. Non mi sembrava nemmeno reale, soprattutto perché Lucio mi parlava come se fossimo stati pari, ma io mi sentivo soltanto un suo fan, un ragazzino al cospetto di in un pezzo di storia vivente. Sono fiero anche della mia collaborazione con Renato Zero: lui apprezzava molto la mia musica e mi chiese di aprire i suoi concerti negli stadi di tutta Italia durante le tournée del 2004 e del 2007. Sono state esperienze di live molto forti, insieme a quella del primo maggio 1999, il mio primo vero live. Vado molto fiero anche del mio primo disco, Variatio 22, che mi sono guadagnato con immensa fatica, andando anche contro il volere dei miei che mi avrebbero volentieri visto prendere una laurea perché, si sa, nella musica solo uno su mille ce la fa.

Se dovessi far ascoltare un solo brano a una persona che non ti conosce affatto, quale sceglieresti?
Sicuramente sceglierei tra i miei brani più popolari, nei confronti dei quali nutro un senso di gratitudine perché sono quelli che mi hanno regalato un rapporto con la gente, la possibilità di viaggiare, di esibirmi e cantare con loro. Probabilmente sceglierei Sei un miracolo, un mio piccolo evergreen, oppure Daisy, che in fondo è quella che mi rappresenta di più. Ogni riga del testo è ispirata a un libro, a una poesia o a un momento di vita vissuta.

Dopo il terzo album Mi accordo, uscito nel 2004, ti sei allontanato dal grande pubblico. E’ stata una scelta tua oppure il risultato di contrasti con, ad esempio, l’etichetta discografica?
In realtà ho lavorato a un quarto album che sarebbe dovuto uscire nel 2008, anticipato già nel 2007 dal singolo Prendimi, frutto di una collaborazione con i Fool’s Garden (quelli diventati famosi con Lemon Tree, ndr). Quel singolo uscì nel mezzo di una serie di cambiamenti epocali per l’industria della musica. Cominciavano a ingranare i talent, la musica si cominciava a scaricare, i dischi si vendevano molto meno. I discografici mi rassicuravano, il problema non ero io, ma io mi convinsi del contrario e decisi di prendermi una pausa a tempo indeterminato. Avevo la sensazione che non ci fosse più pubblico disposto ad ascoltarmi e ho preferito non far uscire mai quel disco per non ‘bruciarmelo’. La pausa però è durata più a lungo del previsto. Quando nel 2015 ho fatto un tentativo di ritorno con il brano Bellissima la verità (supportato da alcuni amici romani produttori) mi sono reso conto che il modo di fruire la musica era ormai radicalmente cambiato. Si tende a sottovalutare la storia che il tempo passa…

L’allontanamento dal grande pubblico, tra l’altro, ha riguardato non soltanto te ma tutta una serie di cantautori di fine anni novanta\inizio anni duemila – penso a Luca Dirisio, Simone Tomassini, Paolo Meneguzzi – che nonostante abbiano continuato a produrre, sono rimasti ai margini…
Si sa, la musica è monopolio dei giovani. Ti ricordo che sono passati già vent’anni!

A proposito di giovani, ascolti volentieri gli artisti di oggi?
Grazie alle mie ragazze di diciotto e vent’anni sono rimasto aggiornato sul panorama musicale, che a mio avviso oggi è molto frammentato e ‘citazionistico’, senza particolari icone o elementi di rottura. E’ un grande caleidoscopio con poca caratterizzazione, conosci la canzone ma quasi mai sai chi è che canta. Tutto è suddiviso in playlist e non si ascoltano più i dischi dalla prima all’ultima traccia. Detto ciò, trovo molto interessante Frah Quintale: bella vocalità, testi interessanti e un sound un po’ funk alla Jamiroquai. Apprezzo molto anche il nuovo indie italiano: i TheGiornalisti e Tommaso Paradiso, Coez e soprattutto Calcutta che considero il capostipite di questo nuovo filone, importanza che, in questo senso, definirei già storica. Se mi si presentasse l’occasione, di certo non rifiuterei una collaborazione con uno di questi artisti!

L’ultima domanda è esattamente il titolo della rubrica. Che fine hai fatto? Tornerai?
Ammetto di essere stato a un passo dal mollare, ma sento di avere ancora un debito, come se avessi ancora qualcosa da portare a termine. Non so dirti quando succederà, ma l’intenzione di ritornare c’è, anche se sono consapevole di non avere tutta l’energia che avevo un tempo, necessaria per lavorare a un disco ed eventualmente a una bella tournée. In ogni caso, in questa lunga assenza non ho mai smesso di scrivere, ma anche di riscrivere e perfezionare materiale che avevo già, soprattutto durante il lockdown. Ho delle canzoni che non voglio lasciare nel cassetto e il giorno in cui usciranno saprò che, anche se non sono perfette, rappresentano il meglio che potessi fare.

Facciamo un grosso in bocca al lupo a Daniele per i suoi progetti futuri e speriamo in un suo ritorno! Quale artista ti piacerebbe fosse il protagonista del prossimo Che fine hanno fatto? Faccelo sapere!

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5 canzoni classiche napoletane diventate leggenda!

La musica classica napoletana è diventata nel corso degli anni un marchio italiano che unisce gli abitanti di tutte le regioni, dal profondo Sud all’estremo Nord del Bel Paese. Sviluppatasi nel corso dell’’800 fino al secondo dopoguerra, ha prodotto un repertorio vasto e ricchissimo.

Chiunque, prima o poi, nel corso della vita si ritrova a cantare alla tavola di un matrimonio una canzone nata nel cuore di Partenope pur non conoscendone le parole! Noi di Smells Like Queen Spirit abbiamo pensato a 5 titoli di canzoni classiche napoletane secondo noi imperdibili, e che non possono mancare nel repertorio di ogni italiano (ed ogni amante dell’Italia, in generale)!

1) Te voglio bene assaje

…e tu non pienze a me!

L’anno di nascita di questo brano è convenzionalmente considerato il 1839, infatti la sua origine ha dato vita a non poche speculazioni. Qualcuno ne riconosce come autore il poeta Raffaele Sacco, altri invece Gaetano Donizetti. I racconti portano questo brano da Napoli a Parigi, e ancora in Norvegia, per un ritorno in Italia nel 1956 con l’orchestra di Pippo Barzizza.

Da molti studiosi di storia della musica viene addirittura considerata la prima vera e propria canzone classica napoletana, che ha dato il via alla lunga lista che arricchisce il repertorio di questo genere. Cantato dalle massaie della città campana, è stato il primo brano della musica napoletana d’autore a partecipare alla gara canora della festa di Piedigrotta, ai tempi, evento prestigioso e attesissimo.

2) Funiculì Funicolà

Di pizzerie con questo nome ne abbiamo viste in tutti i Paesi da noi visitati! E scommettiamo che potete dire lo stesso anche voi lettori.

Ma chi ha scritto il brano forse più famoso della canzone napoletana? La risposta è: il giornalista Giuseppe Turco, nel 1880. A musicarla col motivo che viene in mente a chiunque non appena si leggono quelle due paroline è stato invece Luigi Denza.

L’ispirazione per questa canzone risale al 1879, anno in cui venne inaugurata la prima funicolare del Vesuvio, mezzo modernissimo, per l’epoca, che avrebbe consentito a chiunque di raggiungere la cima del famigerato vulcano.

Fun Fact: Esiste una versione in lingua olandese intitolata Jajem, divenuta una specie di canzone tradizionale dei Paesi Bassi, al punto che ogni anno viene suonata a Scheveningen, l’Aia, il primo di gennaio, mentre migliaia di folli corrono mezzi nudi sulla spiaggia per fare il primo bagno (gelato) nel mare del Nord.

3) Era de Maggio

Una canzone d’amore struggente e malinconica, ad oggi interpretata da nomi nazionali ed internazionali: Roberto Murolo, Mina, Noa, Mika. Si percepisce il dolore dell’addio e la volubilità del tempo, degli amori giovanili.

La canzone nacque da una poesia di Salvatore Di Giacomo, scritta nel 1885, messa in musica dal Maestro Mario Pasquale Costa.

4) O’ Sole Mio

Una canzone napoletana finita su Billboard Hot 100? Ce l’abbiamo, ed è proprio O’ Sole Mio. Incisa da Elvis Presley in inglese, col titolo di It’s now or never, resta in prima posizione dopo il lancio pubblico per cinque settimane. Il brano spopola in tutto il mondo negli anni ’60, ma la sua storia, come potete immaginare, è un po’ più datata.

Il testo risale infatti al 1898, firmato da Giovanni Capurro. La composizione musicale invece fu opera di Eduardo Di Capua.

Le origini di questa canzone si vocifera siano collegate alla reginetta di bellezza Anna Maria Vignati-Mazza.

Ma sapevate che il brano è ancora sotto copyright? Resterà infatti proprietà della casa discografica Bideri fino al 2042!

5) ‘O surdato ‘nnammurato

Che? Riusciamo quasi a vedere i non-campani (e forse anche qualche campano!) storcere il naso.

Non ne avete mai sentito parlare? Beh, vi sorprenderemo!

Questo è il titolo del brano che notoriamente viene riconosciuto come Oje vita, oje vita mia!, vero e proprio timbro di riconoscimento di Napoli, della sua città, e della sua squadra calcistica che, nel 2013, ha dichiarato questo brano, in una versione rivisitata, il proprio inno ufficiale.

Nelle celebrazioni da Roma in giù è un vero e proprio must, si festeggia cantando a squarciagola il ritornello di questa canzone. Le sue origini? 1915. L’autore del testo è Aniello Califano, la composizione musicale è invece firmata da Enrico Cannio.

O’ surdato ‘nnamurato è arrivata sul palco di Sanremo nel 2011, interpretata da Roberto Vecchioni, ma tra gli altri, hanno prestato la voce a questa canzone anche Enzo Jannacci e Massimo Ranieri.

E voi, le conoscevate tutte vero?

Fatecelo sapere in un commento, e magari suggeriteci come ampliare la nostra lista. Quali altre canzoni classiche napoletane sono imperdibili, secondo voi?

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Che fine hanno fatto #1 – Paolo Meneguzzi

Oggi inauguriamo su Smells Like Queen Spirit la più nostalgica delle rubriche. In Che fine hanno fatto parleremo di artisti che hanno riempito i pomeriggi post scuola di noi ragazzine nate intorno al 1990 e che son pian piano spariti dalle radio. Oggi ripercorriamo la carriera di Pablo ‘Paolo’ Meneguzzi, il sex symbol con la faccia da bravo ragazzo da due milioni di dischi venduti che ci faceva sospirare davanti alla Mtv di un tempo, quella dei video musicali, di Scrubs e Total Request Live. 

Non tutti sanno che la carriera dell’artista Ticinese inizia in Cile. Paolo partecipa infatti al Festival Viña del Mar nel 1996 come rappresentante dell’Italia e lo vince, diventando una star della musica sudamericana. Il debutto in Italia avviene soltanto nel 2001, quando Paolo si unisce alle nuove proposte del Festival di Sanremo con il brano Ed io non ci sto più, arrivando settimo. Non è certo un inizio con il botto, ma recupera quella stessa estate vincendo Un disco per l’estate con la canzone Mi sei mancata.

Nel 2002 pubblica il singolo di successo In nome dell’amore, ma è il 2003 l’anno della consacrazione. Il singolo Verofalso monopolizza le radio, stessa cosa che accadrà con Lei è, il brano dedicato a sua madre. Lei è darà anche il nome all’album, il secondo in italiano dopo Un sogno nelle mani. Nello stesso anno prende parte al Vodafone Live Tour organizzato da RTL 102.5 e partecipa assiduamente al Festivalbar, come anche nel 2004. Il 2004 è anche l’anno della seconda partecipazione al Festival di Sanremo, stavolta nella categoria Big, con Guardami negli occhi (prego) che gli vale il quarto posto nella classifica finale. Torna al festival anche nel 2005 con Non capiva che l’amavo. Non arriva in finale, ma il brano riscuote grandissimo successo. Nello stesso anno esce il terzo album Favola al quale Paolo fa seguire un omonimo tour tra Svizzera e Italia.

La quarta partecipazione al festival è nel 2007 con il brano Musica. Arriva settimo, ma ottiene le lodi di Pippo Baudo, che definisce il brano ‘il manifesto del festival’. Musica è anche il titolo del quarto album, uscito a marzo. Partecipa per la quinta e ultima volta al festival nel 2008, classificandosi sesto con il brano Grande, scritta insieme a Gatto Panceri. Segue a questa partecipazione l’uscita del quinto album, Corro via. Qualche mese dopo calca invece un palco internazionale, quello dell’Eurovision, dove rappresenta la Svizzera con il brano Era Stupendo, arrivando in semifinale. Nel 2009, dopo 8 anni di successi in Italia, Paolo decide di concentrarsi di nuovo sul resto del mondo, tentando una conquista del mercato discografico statunitense con l’album Mùsica, per poi tornare al mercato italiano nel 2010 in una nuova veste elettropop. Esce l’album Miami, anticipato da singolo Imprevedibile. Nel 2011 celebra dieci anni di sfolgorante carriera in Italia con una raccolta, Best of: sei amore

Negli anni successivi la visibilità di Paolo diminuisce considerevolmente, ma il cantante non smette di fare musica. E’ attivo nel mercato statunitense e sudamericano, partecipa all’album benefico di Enzo Iacchetti Acqua di Natale e, dopo diversi slittamenti, nel settembre 2013 esce l’album Zero, anticipato dal singolo Fragile. Fragile porta la firma del cantautore Tony Maiello ed è scaricabile in formato digitale già dal settembre del 2012. Fa parte dell’album Zero anche il brano La vita cos’è, al quale hanno collaborato Matt Howe (tecnico di Elton John, Michael Jackson e di Meneguzzi) e Max Marcolini (chitarrista e arrangiatore per Zucchero). Il 2014 vede Paolo impegnato in una serie di tour: comincia con una mini tournée in Cile, prosegue con l’estivo Fantastico Zero Tour in Italia, chiude con un tour in sud America. Nel 2015 si dedica a un progetto diverso, l’apertura della Pop Music School a Mendrisio, suo paese d’origine, non trascurando la scrittura di nuovo materiale, sebbene limitato ad alcuni singoli sparsi: Sogno d’estate (2016), Lunapark (2018) in collaborazione con il rapper ticinese Maxi B, Estate rock & roll (2018) realizzata con il cantautore Simone Tomassini (che in molti ricorderanno solo come Simone), Supersonica (2019).

Il 3 aprile 2020 pubblica sul suo profilo Instagram un video di qualche secondo in cui annuncia l’uscita del suo nuovo singolo Il Coraggio aggiungendo ironico <<non ditelo a nessuno, tanto nessuno ci crede>>. Il video impazza sui social, tra chi crede sia un pesce d’aprile in ritardo e chi commenta i segni del tempo sul suo volto. Paolo oggi ha 43 anni, è padre e ha persino comprato un bar. Appare certamente diverso da come ce lo ricordavamo ma, si sa, il tempo passa per tutti.

Qui potete vedere il video di Il Coraggio, che Paolo ha girato in casa sua insieme a suo figlio Leonardo.

Anche voi canticchiate ancora le canzoni di Paolo? Quali artisti vorreste vedere prossimamente protagonisti della nostra rubrica?

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