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Recensione di ‘Tribù Urbana’, il nuovo album di Ermal Meta

Oggi esce l’attesissimo Tribù Urbana, il quarto album in studio del cantautore Ermal Meta, reduce dal Festival di Sanremo con il brano Un milione di cose da dirti, classificatosi terzo. Grazie a quest’interpretazione Ermal ha anche incassato il prestigioso premio ‘Giancarlo Bigazzi’, assegnato dall’orchestra dell’Ariston per la migliore composizione. Tribù urbana esce a tre anni da Non abbiamo armi e noi di Smells Like Queen Spirit abbiamo avuto la possiblitá di ascoltarlo in anteprima e analizzare le tracce di questo nuovo lavoro. Ermal si dimostra come sempre un grande interprete e uno scrittore fenomenale, capace di emozionare con estrema semplicità.

Il disco si apre con il brano Uno e la sua atmosfera allegra ed energica, quasi da stadio. Difficile non cogliere un riferimento all’isolamento e alla solitudine che noi tutti abbiamo vissuto negli ultimi mesi: Ermal ci ricorda che, nonostante la distanza, il cielo al quale tutti tendiamo le mani è lo stesso. Dai cori entusiasti di Uno alla nostalgica poesia su un amore al capolinea, Stelle Cadenti (‘Se potessimo iniziare/ la storia all’incontrario/ così verso la fine poterci vivere l’inizio/ non questo schifo di dolore/ che tu dici non è niente e che passerà’). La traccia numero tre è il brano che abbiamo conosciuto e amato al Festival di Sanremo, Un milione di cose da dirti. Ermal quando parla d’amore non si smentisce mai ed è incredibile quanto riesca a emozionare con parole cosí semplici.

Ermal adopera lo stesso linguaggio semplice e d’effetto in Destino Universale, stavolta per raccontare delle vite in stallo. Intenso il riferimento a sé stesso e alla sua nota e difficile storia di abusi familiari (‘Ermal ha 13 anni e non vuole morire/ della vita non sa niente tranne che la vita è importante’). Il messaggio è tutt’altro che negativo: cambiare le carte in tavola è sempre possibile. In Sara e Nina Ermal rende omaggio alla lotta, mai veramente conclusa, della comunita LGBT. Il brano racconta l’amore ostacolato di due adolescenti vissuto nell’estate rovente dei loro 16 anni in un paesino del sud Italia, il desiderio di sentirsi accettati e la fuga verso un domani meno triste. Poi arriva No Satisfaction e con lei la voglia di ballare. Il brano, che racconta la nostra generazione perennemente insoddisfatta e in cerca di emozioni forti, ha anticipato il disco ed è uscito già lo scorso gennaio (qui il video). Con il suo ritmo travolgente, No Satisfaction è il brano che non vediamo l’ora di ascoltare live.

La ballad Non bastano le mani ci riporta a una dimensione piú nostalgica e riflessiva. Al centro l’amore, il dolore che ne puó derivare e il coraggio di lasciarsi andare, il tutto raccontato ancora una volta attraverso una poesia splendida (‘Per te ho portato una carezza e te la voglio dare, insieme a questi fiori del mercato rionale / ed ho un regalo, ma non è niente di speciale / solo una ferita che nessuno mai ha potuto guarire/ fallo tu’). Per noi è la piú bella del disco.

Il tema della lontananza e il desiderio di stare vicino agli altri è al centro anche del brano Un altro sole (‘Con le mani / che si alzano al cielo stanotte / siamo meno lontani / ma nel fango della stessa sorte / tutti noi siamo uguali’). Particolarmente intenso per la tematica è Gli invisibili, un brano dedicato agli ultimi, quelli che se ne stanno sullo sfondo e che hanno ancora qualche salita da fare, ma che alla fine salveranno il mondo. Vita da fenomeni racconta invece quel momento della vita adulta in cui ci si accorge che non si è piú tanto giovani (‘Un tempo per giocare a fare il grande/ che poi sei grande in un istante’). Che quel momento sia arrivato per Ermal proprio adesso, alla soglia dei quarant’anni? Sebbene fare la vita da fenomeni non sia piu possibile, almeno Ermal ha trovato in questa fase della sua vita il suo porto sicuro (‘Caso vuole che a casa ci torniamo insieme / menomale’). Chiude il disco Un po’ di pace, in cui Ermal ribadisce quanto l’amore, alla fine, sia l’antidoto proprio a tutto.

Voglio solo un po’ di pace
sentire la tua voce
sapere che ci sei
tu che sai fare luce
quando il sole tace
non cambiare mai
.

Tribù Urbana è già disponibile sulle principali piattaforme di streaming. L’hai già ascoltato? Qual è il tuo brano preferito? Diccelo qui sotto e seguici sui nostri social. Ci trovi su FacebookInstagram e Twitter.

La rivincita di Bugo: la recensione del nuovo album “Cristian Bugatti”

Non fatevi ingannare dal suo aspetto mite: dopo vent’anni di carriera nel circuito della musica alternativa, il cantautore novarese si è rotto i coglioni e ha deciso che è arrivato il suo momento

Prima di mettermi a scrivere questo articolo ho fatto un rapido refresh sulla sua vita precedente, prima cioè che avesse la geniale intuizione di partecipare al 70° Festival di Sanremo.

E ho scoperto che Cristian Bugatti, alias Bugo, vanta una carriera ventennale, fatta di canzoni in stile punk-grunge che hanno segnato il passaggio dalla canzone impegnata di fine millennio alla disillusione degli anni 2000. Bugo è stato uno dei primi autori indie della musica italiana e, anche se agli inizi della sua carriera pubblicava album con la Universal Record , non gli è mai fregato niente di diventare famoso. Ha continuato a cantare quello che gli pareva: Ne vale la pena, Pasta al burro e Io mi rompo i coglioni. Nel 2008 arriva la svolta elettronica con l’album Contatti. Il primo singolo estratto è C’è crisi: Bugo inizia a farsi conoscere anche dal pubblico mainstream, ma rimane sempre un po’ in disparte. Negli anni successivi si dà alle arti visive. Abbandona la musica per qualche anno, fino al 2015, quando si rimette a scrivere canzoni e a fare concerti in giro per l’Italia. Ma abbiamo dovuto aspettare Sanremo 2020 prima di capire davvero con chi avevamo a che fare.

Nessuno mi toglie dalla testa che la scena di Bugo che abbandona il palco del Festival, visivamente irritato dall’atteggiamento di Morgan, sia stata una montatura geniale per portare tutta l’attenzione su di un brano che di sanremese aveva ben poco. Ma che Bugo si fosse rotto i coglioni (vuoi per Morgan, vuoi per il pubblico che non lo ha mai capito fino in fondo) mi è diventato palese nel momento in cui ho ascoltato il suo nuovo album.

E qui finalmente vi parlo di questo gioiellino.

Cristian Bugatti. Lo ha intitolato così, semplicemente firmandosi con nome e cognome. Il disco è uscito il 7 febbraio 2020 per la Mescal, etichetta discografica indipendente fondata da Valerio Soave e Luciano Ligabue. Nella foto di copertina Bugo è seduto su una sedia; le braccia penzoloni e il volto serioso non lasciano adito a dubbi: a 47 anni Cristian Bugatti ha deciso che era arrivato il momento di prendersi una rivincita, pubblicando il suo nono album in studio, come nove sono le tracce che compongono l’ album, “classico, ma molto 2020”, ha dichiarato lui stesso alla rivista Leggo.

La tracklist

Quando impazzirò – Non mi ha fatto impazzire la scelta di questa canzone in apertura. Ma il motivetto allegro e le esternazioni nonsense hanno il potere di entrarti in testa e di rimanerci a lungo.

Sincero (feat. Morgan) – In principio fu Morgan a fargli da spalla. Poi, dopo la memorabile lite, Nicola Savino ha preso il posto dell’amico traditore. E, a essere sincera, mi piace pure di più, anche se resterà per sempre impressa nei nostri cuori la versione galeotta di Morgan, che portò all’esclusione dalla gara e all’abbandono del palco da parte di Bugo in diretta televisiva.

Come mi pare – questo brano potrebbe diventare il prossimo tormentone estivo. Bugo sceglie il parlato alla Lucio Battisti e una melodia funk dal vago sapore dance. Il testo è un manifesto di intenti: ballo, mangio, rido e parlo come mi pare. Come piace a me.

Al paese – questa è decisamente la mia preferita. Una piccola poesia di 3.38 minuti nella quale Bugo descrive la vita di provincia, che scorre via tra pettegolezzi e banalità. Eppure, quando si lascia il paese, poi ci si ritrova a guardare l’autostrada sognando di ritornare.

Che ci vuole – Canzone-profezia? Fate voi: Che ci vuole a tirarsela un po’/ basta dire che Sanremo fa cagare/ che ci vuole a diventare famosi/
basta un vaffanculo in tv
.

Fuori dal mondo – Quando l’ho ascoltata la prima volta me ne sono innamorata subito. Una dichiarazione d’amore alla sua donna in pieno stile Bugo. Vi metterà subito di buon umore!

Mi Manca (feat. Ermal Meta) – Lacrimoni dall’inizio alla fine. Probabilmente se fosse andato a Sanremo con questa canzone e con Ermal Meta avrebbe stra-vinto.

Un alieno – In questo brano c’è una semplice ammissione: sono un alieno. Che ci faccio su questo pianeta?/ Sono un alieno/ ma non mi dite che questa è vita/ tra le zanzare e ritmo latino/ il cocktail con l’ombrellino...

Stupido, eh? – La traccia più lunga del disco (6.12 minuti) conclude l’album alla grande. Il riferimento a Battisti (le tastiere, la chitarra, la voce) è ancora più evidente, ma alla fine dell’album sono certa che Bugo vi avrà conquistato con la sua ironia e il non prendersi mai troppo sul serio.

E voi, lo avete già ascoltato? Cosa ne pensate del nuovo album di Bugo?

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