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‘And after all…you’re my Wonderwall’. Identikit di un inno generazionale.

È il maggio del 1995 quando gli Oasis si rinchiudono per due settimane nei Rockfield Studios, in Galles, per registrare il loro secondo album, lo straordinario (What’s the Story?) Morning Glory che, uscito il 2 ottobre 1995, li consacrerà come la band inglese di maggior successo degli anni novanta e leader indiscussi del movimento del brit-pop. Il successo è dovuto soprattutto al terzo singolo estratto dal disco, Wonderwall, che proprio oggi compie venticinque anni. Vogliamo perciò ripercorrere la storia di questo brano intramontabile, inno di un’intera generazione, scritto da Noel Gallagher e reso unico dalla vocalità di suo fratello Liam.

Il titolo e il significato del brano conservano ancora oggi un certo mistero ed è forse anche questo a renderlo così amato. Wonderwall significa letteralmente muro delle meraviglie, è una parola volutamente nonsense. In un primo momento Noel dà alla canzone il titolo Wishing Stone, anche questo nonsense, ma ci ripensa perché non soddisfatto di come si inserisce nel ritornello. Sceglie quindi Wonderwall e in questa scelta vi è racchiuso un omaggio a George Harrison che aveva intitolato una sua produzione da solista proprio Wonderwall Songs, raccolta che fece da colonna sonora a un film intitolato proprio Wonderwall, il cui protagonista spiava la donna da lui desiderata attraverso dei buchi sul muro, appunto il muro delle meraviglie. I fratelli Gallagher non hanno mai nascosto la loro profonda ammirazione per i Beatles, parte integrante di tutta la loro produzione che pullula di omaggi e riferimenti ai Fab4. La stessa Wonderwall contiene anche un riferimento a una winding road, una strada dove tira il vento, esplicito riferimento al celebre brano dei Beatles.

A proposito del titolo della canzone, l’interprete Liam Gallagher ha osservato che, a prescindere da quale sia il significato letterale, Wonderwall è semplicemente una bella parola che può diventare qualsiasi cosa vogliamo. Insomma, dovremmo smetterla di ricercare a tutti i costi un significato. Persino i Travis, che si condividono con gli Oasis il genere, lo stile e l’amore per i Beatles, all’interno del loro brano Writing to Reach you ironizzano sulla faccenda, chiedendosi ‘What’s a Wonderwall anyway?’ (‘E comunque che cos’è un muro delle meraviglie?).

Ma se il titolo è nonsense, qual è il significato della canzone? Subito dopo l’uscita del singolo Noel Gallagher dichiarò che la canzone fosse stata scritta per la sua fidanzata dell’epoca, Meg Matthews, poi diventata sua moglie. In un’intervista del 2002, successiva al divorzio tra i due, Noel ritrattò dicendo che era stata la stampa a spingerlo a fare quella dichiarazione. Aggiunse che non era mai tornato sull’argomento perché sarebbe stato poco carino ammettere con sua moglie che in realtà la canzone non era per lei. Il vero significato di Wonderwall, spiega Noel, è una dedica a un amico immaginario che viene in tuo soccorso quando ne hai bisogno.

Wonderwall fa parte delle canzoni made in UK più conosciute al mondo e anche il video musicale, in bianco e nero con le Ray-Ban di Liam in primo piano, è diventato iconico. La canzone fu suonata live per la prima volta già nell’estate precedente all’uscita di (What’s the Story?) Morning Glory, nel backstage del festival di Glastonbury. È principalmente grazie a questo brano che il disco schizzò al primo posto delle classifiche inglesi, facendo la storia e sfiorando un record: fino al 1996 solo Bad di Michael Jackson era riuscito a vendere di più in così poco tempo. Altrettanto fu il successo riscosso negli Stati Uniti, dove il disco fu certificato platino ben cinque volte e Wonderwall si piazzò seconda nella classifica di Billboard, collezionando anche diverse nomination ai Grammy. Rimane, ancora oggi, una delle canzoni più re-interpretate di sempre: l’ha rifatta persino Jay-Z, ma la versione più riuscita, anche secondo gli stessi fratelli Gallagher che la considerano migliore dell’originale, è quella di Ryan Adams.

È ironico che la consacrazione sia arrivata proprio con una ballad per una band che cercò di costruire la propria immagine a suon di parolacce, rock’n’roll sporco e melodie ruvide. È forse anche per questo che Liam Gallagher, in diverse occasioni, ha dichiarato di essere arrivato a detestarla. Noi, invece, non smetteremo mai di amarla: nel suono di quegli accordi semplici, negli archi e nelle vocali allungate di Liam c’è tutto lo spirito degli anni novanta e la bellezza di quegli anni di fine secolo, quando per connettersi bastava una chitarra e un po’ di birra e non c’erano schermi da fissare, ma solo muri delle meraviglie da immaginare.

5 film sulla musica che non puoi non aver visto

(English version below)

Gli incontri tra il mondo della musica e quello del cinema hanno sempre il loro perché. Dopo i documentari musicali da non perdere su Netflix (che potete trovare qui), oggi abbiamo deciso di proporvi cinque film sulla musica che vi faranno cantare ed emozionare. Prendete i pop corn e mettetevi comodi!

Rocketman (2019). Cominciamo questa carrellata con un film da Oscar. Diretto da Dexter Fletcher, Rocketman si é infatti aggiudicato l’ambita statuetta per la miglior canzone con il brano (I’m gonna) Love me again. Si tratta del film sulla vita di Elton John, interpretato magnificamente da Taron Egerton. Il film ripercorre la difficile infanzia di Reginald, l’amore per la musica, l’ascesa e la trasformazione nella rockstar Elton che tutti conosciamo. Ci vengono mostrati anche i lati meno glamour della scalata al successo, come i gravi problemi con la droga che Elton ha dovuto affrontare nei primi anni di carriera. Un ritratto splendido dell’uomo e dell’artista che non potete perdervi.

Yesterday (2019). Come sarebbe il mondo se non fossero mai esistiti i Beatles? Con Yesterday possiamo farci un’idea. Il film ha per protagonista l’aspirante cantautore Jack Malik (Himesh Patel), che in un mondo dove i Beatles non sono mai esistiti é l’unico a sapere le canzoni. Nel cast anche Ed Sheeran, nei panni di sé stesso. Il film si trasforma mano a mano in una commedia romantica dal finale abbastanza prevedibile, ma in compenso riesce nel tentativo di far ridere e di farci riflettere sull’enorme impatto che i Beatles hanno avuto sulla nostra cultura. Anche le interpretazioni di Himesh Patel dei pezzi dei Fab 4 non sono niente male. La regia è affidata a Danny Boyle.

Quando l’amore brucia l’anima – Walk The Line (2005). Questo film, diretto da James Mangold, è basato sulle autobiografie del grande cantante country americano Johnny Cash, interpretato da Joaquin Phoenix. Ripercorriamo la sua vita prima del successo, l’ascesa e la tormentata relazione amorosa con June Carter, interpretata da Reese Whiterspoon che per la sua performance vinse l’Oscar come migliore attrice. La colonna sonora include i brani I Walk the Line, Cry Cry Cry, It Ain’t me Babe – tutti egregiamente interpretate dagli attori.

Ray (2004). Uno splendido ritratto del cantante e pianista statunitense Ray Charles, interpretato da Jamie Foxx che per questo ruolo si aggiudicò l’oscar come migliore attore. Ray Charles purtroppo non riuscì a godersi il film sulla sua vita: Ray uscì infatti a settembre del 2004, solo 4 mesi dopo la morte dell’artista. Una vicenda che ispira, entusiasma e insegna che il talento e la passione non conoscono ostacoli. Regia di Taylor Hackford.

Tommy (1975). Questo film del 1975 diretto da Ken Russell celebra quella che viene considerata la prima opera rock della storia, l’album Tommy dei The Who, uscito nel 1969. Stilisticamente apprezzato per essere un’antologia del cinema inglese degli anni quaranta-settanta, il film vanta inoltre un cast stellare con grandi nomi del mondo della: Jack Nicholson, Elton John, Tina Turner, Eric Clapton, Robert Powell e gli stessi The Who. Il film racconta la difficile vita di Tommy, che ispirò l’album della celebre rockband britannica.

E voi, avete visto questi film sulla musica? Vi sono piaciuti? Quali sono i vostri preferiti?

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5 movies about music that you should absolutely watch

When music and film meet, the result is always pretty fascinating. We have already posted about music documentaries on Netflix that you can’t miss (you can find them here), today we decided to tell you about five movies about music that will make you sing and get emotional. Get yourself some popcorns and sit back!

Rocketman (2019). We would like to start with an Oscar movie. Directed by John Fletcher, Rocketman has been awarded with the precious little statue for Best Song for (I’m gonna) Love me again. This movie is about the life of Elton John, wonderfully played by Taron Egerton. The movie tells the story of his childhood as Reginald, his love for music, his success and the transformation into Elton, the rockstar everybody knows. We also get to see the less glamour sides of success, like the drug problems Elton had to deal with during the first part of his career. A beautiful portrait of the man and the artist that you can’t miss.

Yesterday (2019). What would the world be like if The Beatles never existed? With Yesterday we can get an idea. The film tells us the story of the wannabe singer and songwriter Jack Malik (Himesh Patel) who, in a world where The Beatles never existed, is the only one that knows their songs. It also stars Ed Sheeran, who plays himself. The movie gradually turns into a romantic comedy with an ending that is also pretty predictable, but it sure makes you laugh and it makes you understand that the impact The Beatles have had on our culture is huge. Himesh Patel’s performances of the Fab 4 songs are not bad at all. The film has been directed by Danny Boyle.

Walk The Line (2005). This movie, directed by Hames Mangold, is based on the autobiography of the great American country singer Johnny Cash, played by Joaquin Phoenix. The movie tells us the story of his life before he became popular, his success and the tumultuous love story with June Carter, played by Reese Whiterspoon, who won an Academy Award as Best Actress for this role. The soundtrack includes I Walk the Line, Cry Cry Cry, It Ain’t me Babe – all wonderfully performed by the actors.

Ray (2004). A magnificent portrait of the American singer and pianist Ray Charles, played by Jamie Foxx who won for this performance an Academy Award as Best Actor. Sadly Ray Charles could not enjoy the movie about his life, in fact Ray was released in september 2004, only four months after the artist passed away. An inspiring and exciting story, it teaches us that with enough talent and passion you can overcome anything. Directed by Taylor Hackford.

Tommy (1975). This 1975 movie, directed by Ken Russel, celebrates what is considered to be the first rock opera of history, The Who‘s album Tommy, released in 1969. The film is considered to be a little anthology of the English film between the forties and the seventies and the cast features some great names of the history of music and film: Jack Nicholson, Elton John, Tina Turner, Eric Clapton, Robert Powell and obviously The Who. The movie is about Tommy’s difficult life, which inspired the famous English rockband to create this record.

Have you seen this movie? Did you like them? Which are your favorite?

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Musica da brividi (prima parte)

Nel mondo della musica ci sono davvero tantissimi aneddoti da brivido, ma molto spesso si tratta di leggende metropolitane. In questo articolo parliamo invece di alcuni episodi cruenti che sono stati oggetto di cronaca. (English version below)

Helter Skelter e la follia di Charles Manson

In C’era una volta… a Hollywood Tarantino ha provato a immaginare un finale alternativo al massacro di Cielo Drive. Ma la finzione filmica non è altrettanto mostruosa quanto lo è stata la realtà. La notte tra il 9 e il 10 agosto 1969 la family di Charles Manson si introduce nella villa dei coniugi LaBianca e compie una strage. Tra le vittime c’è anche l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polansky che ha appena girato un film sulla venuta al mondo dell’ anticristo, Rosemary’s Baby (e già qua…brividi). Sharon è anche incinta, ma questo non ferma la furia omicida dei killer che sgozzano e sventrano tutti, in preda a una follia delirante simile a una giostra vorticosa (Helter Skelter è il nome di un attrazione da Luna Park). La scritta campeggia sul frigorifero dei LaBianca ed è stata tracciata con il sangue delle vittime. Manson dichiarerà di aver ascoltato ossessivamente White Album dei Beatles e di aver compreso che in realtà il testo di Helter Skelter preannunci una profezia su un imminente scontro razziale, nel quale i neri avrebbero avuto la meglio sui bianchi.

I Led Zeppelin e Boleskine House

In Scozia, sulle rive del lago di Loch Ness, sorge una residenza misteriosa, Boleskine House. La villa era appartenuta a un famoso occultista, Edward Alexander, più conosciuto come Aleister Crowley, il fondatore del satanismo moderno. Pare che in quella casa Crowley abbia celebrato riti di magia nera e che abbia scritto numerosi libri di esoterismo sotto dettatura da parte dei demoni. Già questo avrebbe dovuto essere un monito per tenersi alla larga dalla “casa stregata”, ma evidentemente non era abbastanza per un grande seguace di Crowley come Jimmy Page, che nel 1970 decide di acquistare la tenuta per farne la propria dimora. Ebbene la storia dei Led Zeppelin sembra sottilmente legata alla villa in questione. Negli anni a seguire oltre al successo, infatti, non mancheranno i tour mondiali annullati a causa di strani incidenti e lutti. Tra gli episodi più inquietanti ce ne sono tre che meritano attenzione: nel 1977 Robert Plant, dopo essersi appena ripreso da un incidente mortale in macchina, avvenuto due anni prima, subisce anche la perdita del secondogenito Karac, morto a causa di un’infezione alle vie respiratorie. Plant scrive All of my Love e la dedica al bambino, scomparso a soli 5 anni. Nel 1978 i Led Zeppelin sono sconvolti dalla notizia della morte di Sandy Denny, la cantautrice folk inglese che aveva duettato con Plant nel brano The Battle of Evermore. In ultimo, nel 1980 la morte del batterista John Bonham (avvenuta proprio a Boleskine House) porta allo scioglimento definitivo del gruppo e Jimmy Page in tribunale. Il chitarrista era stato accusato di aver officiato un rito sacrificale davanti al corpo dell’ amico John. Page querela tutti e vince la causa, ma decide che è arrivato il momento di vendere la casa.

Vatican in flames

Schweigaards gate, 56 è l’indirizzo a Oslo di un famoso negozio di dischi, l’Helvete (l’inferno secondo la mitologia scandinava). In questo negozio, negli anni 90, prende piede il Black Metal Inner Circle, un circolo frequentato da vari musicisti della scena black metal scandinava. A fondarlo è Euronymous, chitarrista dei Mayhem, una delle personalità più carismatiche e inquietanti nell’ambiente metal. A frequentare il circolo ci sono dei veri e propri seguaci di Satana, che professano un satanismo vendicativo e anticristiano. I cristiani, secondo l’Inner Circle, sono visti come usurpatori dello spirito genuino della Scandinavia, che è pagana. Tra il 1992 e il 1996 in Norvegia prendono fuoco circa 50 chiese cristiane, tutte in legno, e non vengono risparmiati neanche i cimiteri, con la profanazione di circa 15 mila tombe, i cui arredi vengono portati all’ Helvete ed esposti come trofei. Le foto delle chiese fumanti finiscono addirittura sulle copertine dei dischi dei Mayhem e dei Burzum, e per 4 di questi roghi viene perseguito e condannato Varg Vikernes dei Burzum. Oltre ai roghi e alle profanazioni iniziano a emergere anche differenze sulle linee di condotta tra i vari gruppi metal. La linea di Euronymous è più dura, il satanismo è parte integrante dell’azione degli adepti dell’ Inner Circle. Euronymous non accetta compromessi e di conseguenza taglia fuori gli elementi scomodi. Agli atti vandalici si susseguono tentati omicidi, bombe e suicidi, come quello nel 1991 di Per Yngve Ohlin (detto Dead) cantante dei Mayhem. Tra i primi a giungere sul posto c’è proprio il suo “amico” Euronymous, il quale, ancora prima di chiamare i soccorsi, decide bene di scattare una foto al cadavere di Dead. La foto -modificata graficamente- finisce sulla copertina del bootleg Dawn of the Black Hearts. Ma chi la fa l’aspetti: nel 1993 Euronymous viene ucciso da Varg Vikernes. In seguito a un’ accesa discussione tra i due Varg, ferito da Euronymous, lo massacra e lo uccide utilizzando diversi coltelli dai quali non si separa mai. Dichiarerà di aver agito per legittima difes. Mors tua vita mea. Il tribunale non gli crede e finisce in galera, condannato a 21 anni di carcere, il massimo della pena in Norvegia. Dal 2009 è in libertà vigilata, continua a professare idee estreme ed è diventato padre di ben otto figli.

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Creepy music (part one)

The world of the music is full of creepy anecdotes, but often they are only urban legends. In this article we tell, instead, about some bloody episodes that have been the subject of news.

Helter Skelter and Charles Manson’s madness

In Once Upon a Time… in Hollywood! Tarantino tried to imagine an alternative ending to the massacre of Cielo Drive. But film fiction isn’t nearly monstrous as reality has been. On the night between the 9th and 10th of August 1969, Charles Manson’s family broke into LaBianca residence, and carried out a massacre. Among the victims, there was also the actress Sharon Tate, Roman Polansky’s wife. The director has just shot a film, Rosemary’s Baby, about the born of the Antichrist (and already here… chills!). Sharon was also pregnant, but this didn’t stop the murderous fury of the killers, who slaughtered and disemboweled everyone, prey to a delusional madness similar to a whirlwind carousel (Helter Skelter is the name of an attraction from Luna Park). The writing stood out on the LaBianca refrigerator and was traced with the blood of the victims. Manson claims to have obsessively listened to the Beatles’ White Album and to have understood that in reality the text of Helter Skelter heralds a prophecy about an imminent racial confrontation, in which Blacks would have prevailed over Whites.

The Led Zeppelin and Boleskine House

In Scotland, on the shores of Loch Ness Lake, there is a mysterious residence, Boleskine House. The mansion belonged to a famous occultist, Edward Alexander, better known as Aleister Crowley, the founder of modern Satanism. It seems that Crowley celebrated dark magic rituals in that house and wrote many esoteric books under demoniac dictation. That should already have been a warning to stay away from the “haunted house”, but obviously it was not enough for a great follower of Crowley like Jimmy Page, who in 1970 decided to buy the estate to make it his home. Well, the history of Led Zeppelin seems subtly linked to Boleskine House. In the following years, in addition to success, in fact, there will be world tours canceled due to strange accidents and grief. Among the most disturbing episodes, three of them deserve attention: in 1977 Robert Plant, after having just recovered from a fatal car accident, which occurred two years earlier, also suffered the loss of his second son Karac, who died from a respiratory infection. Plant wrote All of my Love and dedicated it to his son, who passed away at the age of 5. In 1978 Led Zeppelin were shocked by the news of the death of Sandy Denny, the English folk songwriter, who had dueted with Plant in the song The Battle of Evermore. Finally, in 1980 the death of their drummer John Bonham (which took place in Boleskine House) leads to the definitive dissolution of the group and Jimmy Page to court. The guitarist had been accused of having performed a sacrificial ritual in front of the body of his friend John. Page sued everyone and won the case, but decided to sell the house.

Vatican in Flames

Schweigaards gate, 56 is the address of a famous record shop in Oslo, Helvete (the hell, according to Scandinavian mythology). In this shop, during the 90s, took hold the Black Metal Inner Circle, a club frequented by various musicians of the Scandinavian black metal scene. It was founded by Euronymous, guitarist of Mayhem, one of the most charismatic and disturbing personalities in the metal music environment. True Satan’s worshippers joined the club, who professed a vengeful and anti-Christian Satanism. Christians, according to Inner Circle members’ opinion, were seen as usurpers of the true Scandinavian spirit, which was pagan. Between 1992 and 1996, about 50 Christian churches were burnt in Norway, all made of wood, and neither cemeteries were spared, with the desecration of about 15 thousand tombs, whose furnishings were brought to Helvete and exhibited as trophies. The photos of the smoking churches even ended up on the covers of the Mayhem and Burzum records, and for 4 of these fires Varg Vikernes from Burzum is prosecuted and condemned. In addition to the bonfires and desecrations, differences also emerge on the lines of conduct between the various metal groups. Euronymous’s line is harder, Satanism is an integral part of the action of the Inner Circle adepts. Euronymous doesn’t accept compromises and consequently cuts out inconvenient elements. Vandalism is followed by attempted murders, bombs and suicides, such as the 1991 Mayhem singer Per Yngve Ohlin (called Dead). Among the first to arrive on the spot is his “friend” Euronymous, who, even before calling for help, decided well to take a photo of Dead’s corpse. The photo – graphically modified – ended up on the cover of the bootleg Dawn of the Black Hearts. But in 1993 Euronymous was killed by Varg Vikernes. Following a heated discussion between the two, Varg, injured by Euronymous, massacred and killed him using several knives from which he never separated. He will declare that he acted in legitimate defense. The court didn’t believe him and Vikernes ended up in jail, sentenced to 21 years in prison, the maximum sentence in Norway. Since 2009 he has been on probation, continues to profess extreme ideas and became father of eight children.

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Un treno per il 1963: recensione del concerto dei Bootleg Beatles

E’ tipico di Marika riuscire a provare nostalgia per epoche mai vissute. Quando nel 2018 sono stata a Liverpool e ho messo piede al Cavern Club, ho desiderato intensamente di essere una diciottenne del 1963 che ballava al ritmo del primo album dei Beatles (al punto di tatuarmelo sul braccio, ma questa è un’altra storia).

Un anno fa i Bootleg Beatles annunciavano uno show proprio nella città dove abitavo, e io pensai che fosse arrivato il mio momento. In mancanza di una macchina del tempo, vedere i Bootleg Beatles live è il modo più semplice per tornare agli swinging sixties. Ho acquistato il mio biglietto per lo show del 23 febbraio al Tivoli Vredenburg, a Utrecht, parte di un mini tour dei Paesi Bassi di 6 tappe partito a Groningen il 20 febbraio.

Dal loro esordio nel marzo del 1980, i Bootleg Beatles si sono esibiti più di 4000 volte, diventando una delle band tributo dei Fab 4 più importanti al mondo. Nella prima metà degli anni ‘80 completano un tour di ben 60 date nell’ex Unione Sovietica e nel 1984 vengono invitati negli Stati Uniti per celebrare il ventesimo anniversario dal tour  statunitense dei Beatles. A seguire un tour di 10 date nel Regno Unito nelle stesse venues in cui suonarono i Beatles durante il tour del 1965. L’ascesa continua negli anni novanta, quando vengono invitati dagli Oasis ad aprire alcuni dei loro concerti. Comincia per i Bootleg Beatles un periodo di collaborazioni con volti noti della musica inglese e internazionale (Rod Steward, David Bowie e Bon Jovi, solo per citarne qualcuno). I Bootleg Beatles vantano anche un’esibizione a Buckingham Palace in occasione del cinquantesimo anniversario dall’incoronazione della regina Elisabetta II, nel 2002.

La formazione odierna vede Tyson Kelly nei panni di John Lennon, Steve White in quelli di Paul McCartney, Stephen Hill in quelli di George Harrison e Gordon Elsmore in quelli di Ringo Starr.

Ma veniamo allo show, al concerto, al musical, al documentario (insomma, non ho ancora ben capito come chiamarlo). Le luci si spengono e ad aprire lo show sono le urla delle ragazzine degli anni sessanta in preda alla Beatlemania. Si accende lo schermo con un collage di immagini di puro delirio e nel caos si sentono le prime note di Please, please me. Sul palco appaiono 4 ragazzi in dolcevita nero, stivaletti laccati neri e pantaloni a sigaretta, incredibilmente somiglianti ai Beatles nei tratti e nelle movenze (tutti a parte Paul, tra i quattro il meno simile). E’ la parte dello show dedicata agli anni che vanno dal 1963 al 1965, “Beatlemania conquers the world” (e le canzoni di quel periodo, rimanga tra noi, sono il mio fetish). Le esecuzioni (perfette) di She loves you, I want to hold your hand e l’acustica Yesterday mi hanno fatta letteralmente impazzire. 

La seconda parte dello show, “The end of touring and becoming a studio band”, ripercorre gli anni 1965 e 1966. I Bootleg Beatles indossano giacche beige, le stesse dell’esibizione allo Shea Stadium del 15 Agosto 1965. Anche l’entusiasmo in sala deve essere lo stesso dell’agosto del 1965, mentre la band esegue impeccabilmente successi come Twist and Shout, Can’t buy me love e Day Tripper, prima di fermarsi per l’intervallo. E’ durante questa parte di show che mi accorgo della magia che sta accadendo. Nel pubblico ci sono principalmente settantenni, alcuni con le stampelle, altri con il deambulatore, altri sorretti dal braccio dei propri figli. Ma tutti, dal primo all’ultimo, si alzano in piedi per ballare, anche solo per una canzone. E’ una boccata di aria fresca vederli rivivere la propria giovinezza.

I Bootleg Beatles saltano la parte dello show dedicata alla loro “esplosione psichedelica”, parte normalmente inserita negli show. E’ un peccato, perchè avrei voluto vedere i costumi di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Facciamo un salto temporale che ci porta negli anni che vanno dal 1968 al 1970, “The White Album, Abbey Road and the rooftop concert”. Stavolta i Bootleg Beatles sono vestiti esattamente come sulla copertina di Abbey Road. In questa sezione vengono proiettate le immagini di alcuni degli avvenimenti storici e politici più importanti della seconda metà degli anni sessanta, avvenimenti nei quali la musica dei Beatles si intromette e si intreccia, soprattutto in questa fase della loro carriera. Lo show diventa, a questo punto, anche un po’ un documentario. Il talento di Tyson, alias John, emerge prepotentemente in Come Together, mentre Stephen, alias George, è semplicemente meraviglioso nella mia canzone preferita, While my guitar gently weeps, e mi regala una di quelle esibizioni che non si tolgono più dal cuore.

Chiude lo show la splendida Hey Jude – e qui mi rendo conto che la magia non riguarda solo il pubblico di settantenni. Qualche sedia più in là c’è un bambino, con la mamma e il papà, avrà sette o otto anni. Canta Hey Jude con lo sguardo incantato, mi ricorda che esiste certa musica che fotte il piano temporale, le generazioni, i gusti, le mode, certa musica che smetterà di essere suonata, cantata, amata solo quando tutto questo scomparirà – e nemmeno allora sono certa che succederà. Esiste certa musica che in fondo è la cosa più vicina all’idea di eternità e la musica dei Beatles ne fa parte.

Vi consiglio di tenere d’occhio i Bootleg Beatles se come me avete nostalgia degli anni sessanta – che voi li abbiate vissuti o meno. Qui trovate le date del loro tour, in continuo aggiornamento.

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