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Nick La Rocca, il padre del Jazz

New Orleans, 1916. Nick La Rocca, giovane cornettista di origini trapanesi, assieme ad altri cinque musicisti italoamericani, fonda una band che cambierà per sempre la storia della musica: l’Original Dixieland Jass Band.

Si dice che il jazz sia nato a New Orleans. Ma, per quanto questa informazione sia quasi dogmatica, ogni appassionato lo sa bene: la storia non è così semplice.

Il seme del jazz è emerso dai canti di lavoro che animavano i discendenti degli schiavi africani nei campi di cotone dei grossi latifondisti nel caldo Sud degli Stati Uniti; è nato dalla forza che la musica poteva dare ai disperati e agli emarginati, agli ultimi, agli oppressi, alla massa silenziosa che era braccia e gambe di un Paese intero, a cui non era neppure riconosciuta la dignità di esseri umani.

Il jazz è nato da strumenti ricavati da zucche e scatole sistemate alla buona, suonato da bambini nei pressi di Barbershop con le rotelle a righe girevoli e colorate.

La commistione tra la più viscerale e brutale musica istintiva blues, unitasi alla raffinatezza ed eleganza della musica classica di tradizione secolare, ha dato origine ad una forma sublime di arte che non ha mai smesso di evolvere.

Espressione più incredibile dell’unione dei due emisferi mondiali, la musica jazz ha strabiliato e ancora continua a farlo, attraverso il passato e il futuro.

Ma allora come mai, con così tanta convinzione, spesso si afferma la teoria secondo cui la nascita del jazz sarebbe collocata proprio a New Orleans?

Perché, tecnicamente, è proprio New Orleans la città in cui si parla per la prima volta di “jass.

Ma adesso facciamo un passo indietro, ed andiamo a conoscere Nick La Rocca, conosciuto anche come “il padre del Jazz”.

Nato l’11 aprile 1889 a New Orleans da Girolamo e Vita La Rocca, siciliani entrambi emigrati in Louisiana, dove era presente una grande comunità di italo-americani, Nick era figlio d’arte: anche suo padre era infatti, come lui, un cornettista. Ma, come spesso succede, Girolamo non era molto entusiasta di sapere che suo figlio aveva intenzione di diventare un musicista, e finché rimase in vita, gli impedì di dedicarsi allo strumento a tempo pieno.

Quando però ebbe la possibilità di dare sfogo alla sua passione, Nick infiammò la sua cornetta.

Iniziò a comporre dei brani, ed esibirsi per gli amici del quartiere e del teatro vicino la sua casa, fino a quando, un giorno, fu notato da Johnny Stein.

Ben presto però, Nick iniziò a desiderare l’indipendenza. Era giovane, talentuoso, ambizioso: voleva una band tutta sua, in cui dare sfogo alle idee creative. Qualcosa per cui essere ricordato.

E così, nel 1916, staccandosi da Stein, fondò un quintetto con altri quattro musicisti italo-americani.

Ed in quel preciso momento venne scritta la storia.

La band prese il nome di Original Dixieland Jass Band.

E, nel 1918, Nick, confermandosi il leader della band, cambiò la parola jass con jazz.

Scegliendo “jazz” anche come nome per il genere che suonavano, La Rocca se ne assicurò l’associazione perpetua col proprio nome. La O.D.J.B, infatti, viene ancora considerata, ufficialmente, la prima jazz band al mondo, produttrice anche, ovviamente, del primo album jazz, esportatrice inoltre della “nuova musica” nel vecchio continente.

Il gruppo di La Rocca, infatti, suonò nel 1919 a Londra per festeggiare la firma del Trattato di Versailles, e davanti alla famiglia reale di Re Giorgio V (grande amante della musica moderna).

In modo forse poco umile, ma sicuramente calzante, Nick amava definirsi il “Cristoforo Colombo della musica”.

Dopo aver costellato con successi straordinari la sua carriera, essere diventato padre di sei figli, La Rocca si spense a 72 anni, nella città in cui era nato ed in cui tutto era iniziato.

Ancora oggi la sua leggenda viene raccontata dagli studiosi e celebrata in numerosi festival, anche nel nostro Stivale. Dal 2002, infatti, ogni anno, nel mese di settembre, a San Giorgio a Cremano (NA) si organizza il Nick La Rocca Jazz Festival, rassegna incentrata interamente sulla musica jazz nostrana e d’oltreoceano.

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5 cose che non sapevi su George Benson

English version below

Domani sarà il 77° compleanno del grande chitarrista e cantante statunitense George Benson, e noi di Smells Like Queen Spirit vogliamo omaggiarlo con questo articolo! Ecco a voi cinque cose che forse non conoscevate su di lui.

1. Ha scritto The Greatest Love Of All

Ebbene sì! Portato al successo dalla magnifica Whitney Houston solo in un secondo momento, The Greatest Love Of All è in realtà firmato da George Benson. Il brano, col testo pieno di speranza e positività, fu scritto per il film The Greatest, con Muhammad Ali, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80.

2. Ha un patrimonio stellare

Ad oggi, il patrimonio netto di George Benson equivale alla cifra di 5 milioni di dollari. Il musicista ha iniziato ad esibirsi professionalmente dall’età di 21 anni, e da allora non si è mai fermato.

3. Ha vinto 10 Grammy Awards

Durante tutta la sua carriera, Benson ha collezionato ben 10 Grammy Awards. I primi due nel 1976, con This Masquerade premiata come Miglior Canzone dell’Anno e l’album Breezin per la Migliore Perfomance Strumentale Pop. Gli ultimi Grammys due sono stati vinti nel 2006, al fianco di Al Jarreau, per la Migliore Performance Vocale R&B Tradizionale con il brano God Bless The Child e per la Migliore Perfomance Pop Strumentale con Mornin’.

4. Ha 7 figli ed è Testimone di Geova

Eh già! Il grande chitarrista è sposato dal 1965, anno d’inizio della sua carriera, con Johnnie Lee. La coppia ha in tutto 7 figli. Dal 1979 è diventato Testimone di Geova, ed è molto religioso.

5. The Other Side Of Abbey Road

Benson è un appassionato fan dei Beatles, e in loro onore ha pubblicato l’album The Other Side Of Abbey Road nel 1970, in cui ha ri-arrangiato in chiave jazz le tracce di Abbey Road.

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5 things you didn’t know about George Benson

Tomorrow will be the 77th birthday of the great guitarist and singer George Benson, and we from Smells Like Queen Spirit want to celebrate him with this article! Here you are five things that maybe you didn’t know about him.

1. He wrote The Greatest Love Of All

He did! Albeit the song was brought to success by the amazing Whitney Houston at a later time, The Greatest Love Of All was written by George Benson. The song, whose lyrics are full of hope and positivity, was written for the movie The Greatest, with Muhammed Ali, between the late ’70s and the early ’80s.

2. He has a stellar net worth

At present, George Benson has a net worth of $ 5 million. The musician started his professional career at the age of 21, keeping playing even since.

3. He won 10 Grammy Awards

During his whole career, Benson won 10 Grammy Awards. The first two in 1976, with This Masquerade for the Record of the Year prize and the album Breezin’ for the Best Pop Instrumental Performance Price. The last two Grammys have been won in 2006, with Al Jarreau by his side, for the Best Traditional R&B Vocal Performance and the Best Pop Instrumental Performance

4. He has 7 children and he is a Jehovah’s Witness

Yes! The great guitarist has been married since 1965, the year in which he started his career, with Johnnie Lee. The couple has 7 children. He’s also serving as one of Jehovah’s Witnessess since 1979, and he’s very religious.

5. The Other Side Of Abbey Road

Benson is a great Beatles fan, and to celebrate them he has published in 1970 the album The Other Side Of Abbey Road, in which he has re-arranged the tracks of Abbey Road in a jazz key.

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Rinascere a vent’anni: La Storia di Wes Montgomery

English version below.

1943. Un brano di Charlie Christian risuona nell’aria, mentre un giovane uomo danza con sua moglie tra le braccia.

È questo l’esatto momento in cui la sua vita viene completamente stravolta.

Sì, decide, comprerò una chitarra a sei corde ed imparerò a suonarla. Diventerò come lui.

E, la promessa che quella notte il diciannovenne Wes Montgomery fece a sé stesso, gli assicurò un posto eterno nel pantheon dei mostri sacri nel mondo del jazz.

Indianapolis. Il 6 marzo 1923 nasceva John Leslie Montgomery, che sin da bambino viene chiamato da tutti Wes.

Suo fratello Monk, dopo aver lavorato e risparmiato abbastanza, gli regalò una chitarra a quattro corde.

Monk era convinto che Wes avesse tutto il potenziale per diventare davvero bravo, ma all’inizio il piccolo Leslie si rivelò un chitarrista piuttosto mediocre.

Fu soltanto dopo aver ascoltato Charlie Christian per la prima volta che iniziò davvero a dedicare la sua vita alla musica. Acquistata una nuova chitarra, a sei corde questa volta, per un anno intero passò le notti e i giorni a studiare gli assoli e le linee chitarristiche di Christian, dimenticando tutto ciò che aveva imparato prima di allora.

Il sangue sulle dita non contava, né la stanchezza, né il dolore. Wes aveva adesso un solo obiettivo: diventare il migliore.

Era possibile? In fondo aveva già quasi vent’anni, e per giunta non aveva mai imparato a leggere uno spartito.

Non voleva neppure diventare un musicista, anzi.

E allora cosa lo spinse a continuare, senza mai arrendersi? Cosa lo alimentò, portandolo a sacrificare tutte quelle ore della sua vita disciplinandosi in maniera quasi cieca?

Fu un desiderio viscerale di riuscire a replicare su quelle corde ciò che lo aveva folgorato. Quella brama lo alimentò e lo mosse come solo le passioni più autentiche sanno fare.

Per evitare di disturbare il vicinato, presto abbandonò anche il plettro. Imparò così a suonare col pollice, e le sue mani col tempo, pizzicando le corde con dolcezza, crearono un suono più morbido e caldo, delineando lo stile inconfondibile che milioni di chitarristi nel futuro avrebbero provato ad imitare (suoi “discepoli artistici” sono, tra gli altri, George Benson, Larry Carlton, Pat Martino).

Il primo disco fu registrato con la Pacific Jazz, negli anni ’50. Cannonball Adderley, stregato dalla sua bravura, lo convinse a registrare con la Riverside, una delle più prestigiose etichette dell’epoca.

Il 1960 fu il suo anno: venne eletto Miglior Musicista Jazz Esordiente dalla rivista Down Beat e Billbord lo nominò Musicista Jazz Più Promettente Dell’Anno.

Il 1961 è l’anno che lo vide al fianco di John Coltrane sul palco del Monterey Jazz Festival.

Nel 1965 viene registrato lo storico album Smokin’ at the Half-Note, in quartetto con Wynton Kelly.

La stella del bebop morì improvvisamente nel 1968 a causa di un attacco cardiaco, durante le registrazioni del suo ventitreesimo album. Aveva 45 anni.

Wes Montgomery se ne andò lasciando una traccia indelebile nella storia del jazz.

Ma il suo fu anche un esempio di vita e di totale abnegazione, che da ogni parte gridava, e che ancora continua a gridare oggi e lo farà sempre. L’amore per la musica, quando è puro, quando è reale, può scardinare le convinzioni della società, anche se ormai sei adulto, e non te lo aspettavi, ma un fuoco sacro ti anima sin dal midollo ed incominci ad inseguire il tuo sogno a vent’anni. E tutto ad un tratto, sei diventato un dio.

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Rebirth at 20: The Story of Wes Montgomery

1943. A Charlie Christian’s track is playing in the background, while a young man is dancing with his wife between his arms.
In this very moment, his life changes forever.
Yes, he decides, I will buy a six-string and I will learn how to play it. I will be good just like him.
And the promise that the 19-year-old Wes Montgomery he made with himself, assured him his own place on the Olympus of the great jazz musicians.

Indianapolis. John Leslie Montgomery was bornonMarch 6th 1923, everybody called him Wes.
His brother Monk, after working and saving enough money, gave him a four-string guitar. Monk believed that Wes could become a really good guitarist, but in the beginning young Leslie he wasn’t very good.

Only after having heard Charlie Christian for the first time, he dedicated his life to music. He bought a new guitar, a
six-string one this time, and he spent every night and day in nearly a year practicing and learning Christian’s guitar lines and solos, forgetting every thing he had learnt in the past.

The blood on his fingers, the fatigue, the pain didn’t matter. Wes had only one goal now: to become the best.

But was it possible? After all, he was about to turn 20, and he had never learnt how to read a music sheet.

And to be honest, he didn’t really want to become a musician in the first place.

So, what moved him, and gave him the strenght not to give up? What to spend all that hours sacrificing his own life for?
It was a visceral desire to replice on his own strings what he found himself fond on. That desire gave him power, such as only the real passions in life can do.

In order to avoid disturbing the neighborhood, he decided to leave the pick. Soon, he learnt how to play with his thumb, and his hands made a delicate and warm sound, developing his famous fringer picking technique, that millions of people tried and still are trying to emulate (among the others, George Benson, Larry Carlton, Pat Martino).

The first album was recorded with Pacific Jazz Records label in the 1950s. Cannonball Adderley, bewitched by his talent, convinced him to record something with Riverside Records, one of the most famous and prestigeous labels of the
time
.

1960 was his year: he was elected The Best Jazz Newcomer by Down Beat magazine and Billbord named him The Most Promising Jazz Instrumentalist of the year.

In 1961 he played at the Monterey Jazz Festival, alongside with John Coltrane.

In 1965 was recorded the famous album Smokin’ at the Half-Note, in a quartet formation with Wynton Kelly.

The rising star of bebop died in 1968 due to a heart attack, while recording his 23rd album. He was 45 years old.

Wes Montgomery left an indelible mark in the history of jazz.

But his was also an example of life and total self-denial, which screamed from all sides, and which still continues to scream today and will always do so.

The love for music, when it is pure, when it is real, can undermine the convictions of society, even if you are an adult now,
and you did not expect it, but a sacred fire animates you right from the core and you begin to pursue your dream in your 20s. And all of a sudden, you find yourself being a god.

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